Cessapalombo (Macerata), 23 gennaio 2015 - Inciampa mentre passeggia con i suoi pastori maremmani e uno dei due, cercando di aiutarla a rialzarsi, la prende a morsi sulla testa. Costringendola a oltre trenta punti di sutura. Protagonista della disavventura, una pensionata di Cessapalombo che ora attende il parere del perito veterinario per sapere se il cane, sotto osservazione, può restare con lei. La donna stava passeggiando in aperta campagna, in contrada Colbottoni, con i due maremmani al guinzaglio, quando all’improvviso – secondo le prime ricostruzioni – sarebbe caduta. Uno dei due animali avrebbe allora tentato di aiutarla iniziando, spaventato, a mordere.
«Non sono umani – ha spiegato la padrona (che ha preferito rimanere nell’anonimato) – per cui reagiscono diversamente da noi. Lui è un cane buono, non ha mai fatto male a nessuno, ed è la prima volta che morde a qualcuno e l’ha fatto con me perché voleva semplicemente aiutarmi. Ricordo di essere inciampata. E’ stato solo un incidente».
Poche parole anche perché la donna, battendo la testa, dice di non ricordare tutta la dinamica. E’ stata comunque subito trasportata al pronto soccorso di Macerata, dove è stata medicata e sottoposta alle prime cure: le ferite profonde causate dal morso del cane hanno richiesto un intervento immediato con una trentina di punti di sutura alla testa. Non è stato necessario il ricovero e questi giorni l’anziana viene accudita dai suoi figli, che abitano in un comune limitrofo. I due maremmani invece sono rimasti a Cessapalombo, all’interno di un recinto. Il cane che ha aggredito la padrona è sorvegliato dal veterinario e anche gli agenti della polizia municipale nei giorni scorsi hanno effettuato controlli. In base al parere del perito, si saprà se può restare con la proprietaria o se verrà affidato al canile. Come razza canina ha un istinto spiccato per la guardia delle greggi, solitamente non lavora sottomesso, ma al fianco dell’uomo, vive allo stato naturale e tutti fanno parte del suo branco-famiglia, sul quale deve vigilare. Per cui si pensa che quel gesto violento sia stato fatto con l’intento opposto.