Domenica 29 Dicembre 2024
REDAZIONE CRONACA

Morto Cesare Romiti, con Agnelli fece la storia della Fiat

Nel gruppo torinese rimase dal 1974 al 1998. Giovedì i funerali a Cetona

Cesare Romiti con Gianni Agnelli (ImagoE)

Milano, 18 agosto 2020 -  E' morto a 97 anni Cesare Romiti, ex amministratore delegato e presidente di Fiat. Si è spento nella sua casa di Milano. Nel gruppo torinese ha passato 25 anni, dal 1974 al 1998, segnandone profondamente la storia al fianco di Gianni Agnelli. La camera ardente sarà aperta domani mattina (mercoledì 19 agosto) alle 9, nella sede della Camera di commercio di Milano, in via Meravigli. Fino alle 18 sarà possibile dargli l'ultimo saluto. Il funerale si celebrerà giovedì a Cetona, in provincia di Siena, nella Chiesa di San Michele Arcangelo.

Chi era Cesare Romiti

Un legame forte, pressoché indissolubile, quello tra Cesare Romiti e Gianni Agnelli. Al funerale dell'Avvocato, il 26 gennaio 2003, Romiti rimase in piedi. L'unico in tutto l'affollatissimo Duomo di Torino. "Perché lui in chiesa faceva così, era il suo modo per dimostrare se non la fede, la fedeltà. Restare in piedi al funerale dell'Avvocato è stato il modo di rendergli omaggio", raccontò qualche anno dopo.  Uomo di rapporti, attentissimo alla politica e ai fatti romani, mise sempre l'Italia  al centro delle sue strategie.

Nato a Roma il 24 giugno 1923, il nome di Romiti è legato a Mediobanca e alla Fiat. Figlio di un impiegato delle Poste, inizia nel settore privato, dopo la laurea in Scienze economiche e commerciali. I primi 23 anni della sua carriera sono vissuti da manager nel settore chimico, prima alla Bombrini Parodi Delfino e poi alla Snia Viscosa dopo la fusione con la sua ex azienda. Fu proprio quest'operazione straordinaria a portare Romiti a frequentare Mediobanca e a conoscere Enrico Cuccia. Dalla chimica Romiti passà ad occuparsi del settore aereo: nel 1970 fu chiamato dall'Iri in Alitalia, di cui divenne successivamente amministratore delegato. Quindi l'ingresso in Fiat, nel 1974, ne uscirà il 22 giugno 1998. E' l'uomo della finanza, si occupa poco del prodotto che delega a manager che sceglie e gestisce personalmente.

Pur non lasciando grandi libertà gestionali alle consociate del gruppo, chiede sempre grandi utili da mettere in bilancio a fine anno grandi  Sono anni difficili per l'economia italiana, soggiogata dall'inflazione e da un contesto sociale complesso.

Il settore auto soffre, dal 1972 gli occupati  iniziano a calare. Nel 1976 Romiti diventa uno dei tre amministratori delegati del gruppo, insieme a Carlo De Benedetti che segue il prodotto, e Umberto Agnelli che funge da trait d'union.

Proprio il fratello dell'Avvocato lascerà qualche mese dopo, eletto in Parlamento. Con Romiti lo scontro sarà continuo. De Benedetti esce di scena dopo appena cento giorni. E' in quel momento che inizia il 'regno' di Romiti, che promuove a un ruolo di primo piano Giiorgio Garuzzo, a cui delegherà la gestione di una galassia di partecipazioni, tra cui Iveco.

Per garantire liquidità al gruppo Fiat, su indicazione di Mediobanca, Romiti apre le porte a Gheddafi che tramite la Lybian Arab Foreign Bank acquisisce il 10% della società in cambio di 360 miliardi di lire.

Non basta, nel 1980 arriva l'annuncio di 14.000 licenziamenti. Mirafiori viene bloccata ed Enrico Berlinguer parlando davanti ai cancelli, arriva a dare la disponibilità del Pci per un'occupazione, che però non ci sarà.  A sbloccare l'impasse i 40 mila colletti bianchi che sfileranno in città nella celebre marcia: chiedono di poter tornare a lavorare, e decretano la sconfitta del sindacato e la fine di un'era.

Nel frattempo, dal 1978 in Fiat è entrato Vittorio Ghidella, che risolleverà il comparto auto lanciando modelli di grande successo come Panda, Uno, Prisma, Thema ma che dopo dieci anni sara' mandato via. A frustrarne le ambizioni il contrasto con Romiti. E' il picco dell'era del manager romano, Fiat nel 1989 fattura 40.000 miliardi di lire, solo l'Iri è più grande in Italia. Segue un decennio di sofferenze per il gruppo. Ma Romiti non si ferma, apre e sviluppa stabilimenti in tutt'Italia e all'estero senza mai chiuderne, nel 1994 l'ultimo esempio è la Sata di Melfi.

Con lui Fiat è ormai diventata una conglomerata, c'è dentro un po' di tutto. Una visione ampia, che con gli anni però diventa sempre più  complesso rendere profittevole. Nel 1998 l'addio, gli subentra Paolo Fresco che arriva dagli Stati Uniti dove in General Electrics ha ottenuto risultati ottimi, che colpiscono anche Gianni Agnelli, che prova a blindare il gruppo alleandosi con GM poco dopo.  Tutto naufragherà, e servirà Sergio Marchionne a risollevare Fiat dal 2004 in poi.

Sono anche gli anni di Tangentopoli, che tocca anche Fiat. Una condanna per falso in bilancio, poi revocata nel 2003 quando non era più reato, porta a Romiti la solidarietà pressoché unanime del mondo imprenditoriale italiano.

Il dopo Fiat

Con i figli Maurizio e Piergiorgio entra in Gemina e Impregilo per poi uscirne dopo anni di gestione controversa. Nel 2003 fonda e dirige fino al 2018 la Fondazione Italia Cina, sua ultima grande passione. 

L'intervista a Minoli

Romiti è stato anche presidente di Rcs, di cui aveva guidato il salvataggio nel 1984 tramite Gemina. "Io sono ambizioso. Vedo molta gente che vuole essere assunta, e cerco di capire proprio se sono ambiziosi, perché senza ambizione non si costruisce nulla. Ma devo anche verificare che non siano troppo ambiziosi, perché così si rovina tutto", confessò a Mixer in una storica intervista di Gianni Minoli nel 1983.