Roma, 22 gennaio 2024 – Telefonini e tablet vietati alle elementari e medie anche per scopi didattici: il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha anticipato al Foglio le nuove linee guida per la scuola.
La decisione, ragiona il ministro, è stata presa sia per questioni di didattica sia perché spesso l’utilizzo improprio di smartphone e tablet diventa nel rapporto tra studenti e docenti un elemento di tensione, che in alcuni casi porta anche all’aggressione del personale scolastico. Meno distrazioni, più responsabilità.
“Difendere il corpo docente”, dice Valditara, “significa difendere il principio di delega e di autorità che è l’architrave non solo del sistema scolastico ma anche del sistema democratico”.
Telefonini a scuola: cosa succede negli altri Paesi
Meno di un Paese su quattro, ha notato l’Unesco, vieta l’uso degli smartphone nelle scuole. Nel 2018, la Francia ha vietato i telefoni cellulari alle elementari e alle medie. Successivamente la stessa strada è stata imboccata da Svezia, Finlandia e Olanda. Già nel 2022, Valditara diffuse una circolare per ribadire un divieto che era stato in verità già previsto nel 2007: niente cellulari in classe alla scuola dell’infanzia e alle elementari. Con le prossime linee guida si va avanti su questa strada.
Roccella: “Abbiamo istituito il parental control”
“Abbiamo istituito il parental control e quindi ora dobbiamo cercare di farlo utilizzare al meglio”. Lo ha detto la ministra della Famiglia e delle Pari opportunità, Eugenia Roccella, a Firenze a margine dell’evento di Trenitalia “Il treno del ricordo” alla stazione di Santa Maria Novella. “Per adesso, le aziende hanno chiesto un anno di tempo per adeguare i nuovi device ed inserire di routine questa cosa - ha aggiunto Roccella - cioè il controllo parentale nei telefonini essenzialmente ed in tutti i device, e quindi noi vogliamo sollecitare la responsabilità genitoriale perché i ragazzi oggi sono esposti a siti inadeguati, e non solo siti, che necessitano invece di maggior controllo da parte dei genitori”. Il parental control, ha ricordato la ministra, “serve perché sappiamo che l’età in cui i bambini cominciano ad essere esposti ad esempio a siti pornografici è sei anni, quindi dobbiamo intervenire e noi siamo intervenuti in questo senso”.