Martedì 7 Gennaio 2025
Cosimo Rossi
Cronaca

Cecilia Sala, corsa contro il tempo. Solo una decina di giorni per accelerare il rilascio

Il governo punta a risolvere il caso Sala prima dell’insediamento di Trump. Ma si attende la decisione del 15 sui domiciliari all’iraniano detenuto a Milano

Roma, 5 gennaio 2025 – “Non vogliamo certo che faccia la fine dei due francesi reclusi in Iran da oltre due anni”, confidano dalle parti del governo a proposito della coppia di attivisti (Cécile Kohler e Jacques Paris per la cronaca) reclusi dal maggio 2022 e per i quali non si profila negoziato. Rimangono perciò meno di dieci giorni per assicurarsi una repentina liberazione di Cecilia Sala: prima dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca del prossimo 20 gennaio. In quanto dopo la cerimonia la situazione potrebbe inasprirsi per la manifesta avversione dell’alleato di Oltreoceano nei confronti del regime di Teheran. Questo dunque il mandato che si è assunta la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, oltre alla consegna del silenzio che il governo si è imposto e assicurato dalla famiglia della giornalista. E per questo la premier ha anticipato alla prima occasione possibile il faccia a faccia a Mar-a-Lago col presidente eletto statunitense Donald Trump e il suo potente braccio destro Elon Musk, che si sarebbe offerto come sensale per l’incontro. Il governo italiano non solo vuole, ma deve chiudere il caso Sala entro il 20 gennaio, perché altrimenti i tempi potrebbero diventare anni invece che mesi.

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La giornalista italiana Cecilia Sala
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Il fatto che secondo il New York Times Meloni abbia posto in modo perentorio la questione al presidente Trump è emblematico della portata politica della vicenda. Da quando la premier, giovedì scorso, ha riunito a Palazzo Chigi i ministri interessati ha anche preso direttamente in carico il caso diplomatico della giornalista. Consapevole che solo la gestione “aggressiva” registrata dalla stampa Usa possa portare a una soluzione repentina dopo la catena di omissioni, incomprensioni, leggerezze internazionali che hanno portato prima all’arresto, il 16 dicembre, del 38enne ingegnere svizzero-iraniano Mohammad Abedini-Najafabadi all’aeroporto di Malpensa su mandato dell’Fbi e poi al fermo per rappresaglia della 29enne giornalista italiana il 18 dicembre a Teheran, quando era in procinto di ripartire dopo una settimana di visita con regolare visto. Dove si sia generato il guaio è difficile da decifrare. Abedini sarebbe stato fermato su mandato Usa all’insaputa del governo italiano e addirittura spedito nel carcere calabrese con gli estremisti sunniti (nemici degli iraniani sciiti). Tre giorni dopo Sala è stata arrestata per rappresaglia. Il cittadino svizzero-iraniano è accusato di aver trafficato tecnologia coi Pasdaran che sarebbe stata utilizzata per un’attentato in Giordania provocando la morte di tre militari statunitensi. La cittadina italiana è accusata genericamente di “violazione delle leggi della repubblica islamica”. Di certo la “diplomazia degli ostaggi” iraniana è quello dello scambio: la liberazione di Sala in cambio del non luogo all’estradizione per Abedini. A parte le possibili intese tra Meloni e Trump, a questo punto i passaggi sono due: la visita di commiato in Italia del presidente Joe Biden dal 9 al 12 gennaio e la sentenza sugli arresti domiciliari per Abedini del 15 gennaio. Meloni dovrà spiegare a Biden che, con tutto il rispetto, il comportamento degli Usa è stato a dir poco irrispettoso e “la ragion di Stato italiana” è proteggere i concittadini e poi si dovrà procedere al non luogo all’estrazione per Abedini. Sul piano tecnico-pratico il governo non vuole prendere iniziative prima della sentenza sui domiciliari fissata per il 15. Casomai fossero negati il Guardasigilli Carlo Nordio potrebbe ugualmente togliere dal carcere l’ingegnere svizzero-iraniano ai sensi dell’articolo 718 del Codice di procedura penale (come già fatto da altri ministri) e poi firmare il non luogo all’estradizione. Il requisito essenziale è infatti che il procedimento riguardi un reato valido nei due Paesi, ma il commercio coi Pasdaran per l’Italia non riguarda un’organizzazione terroristica e non è reato. Questo sarebbe il primo appiglio sufficiente a risolvere in fretta la questione e liberare Sala. In caso di complicazioni, invece, lo stesso Trump potrebbe fornire un assist al governo italiano aggravando le accuse a carico di Abedini con imputazioni che prevedano persino la pena di morte. Condizione che rendere inammissibile l’estrazione per la giustizia italiana.