Giovedì 9 Gennaio 2025
REDAZIONE CRONACA

Cecilia Sala racconta la prigionia. “Le due volte che ho riso e il pianto quando ho rivisto il cielo. Sapevo di Abedini”

La giornalista liberata ieri svela in un podcast i dettagli dei 21 giorni di detenzione. “Mi interrogavano tutti i giorni, nessuno mi spiegava perché fossi lì”

Roma, 9 gennaio 2025 – Le due volte che è riuscita a ridere, il pianto quando ha rivisto il cielo e gli interrogatori ogni giorno, senza che nessuno le spiegasse perché era lì. Cecilia Sala racconta i suoi 21 giorni di prigionia in Iran in un podcast di Mario Calabresi dal titolo ‘I miei giorni a Evin, tra interrogatori e isolamento’. In mattinata il suo primo post su Instagram dove la giornalista ha provato a raccontare l’emozione incredibile della sua liberazione dopo aver trascorso 21 giorni nel carcere di Evin, in Iran. 

“Ho la fotografia più bella della mia vita, il cuore pieno di gratitudine, in testa quelli che alzando lo sguardo non possono ancora vedere il cielo. Non ho mai pensato, in questi 21 giorni, che sarei stata a casa oggi. Grazie”. Un messaggio in calce al post con la foto dell’abbraccio con il compagno, Daniele Raineri, all’arrivo all’aeroporto di Ciampino.

Il racconto nel podcast

Nel pomeriggio, nel podcast di Calabresi, emergono nuovi dettagli sulla detenzione in Iran. “Sono confusa e felicissima, mi devo riabituare, devo riposare, questa notte non ho dormito per l'eccitazione e per la gioia. Quella precedente per l'angoscia”, dice Sala. “Sto bene, sono molto contenta". 

La giornalista Cecilia Sala abbraccia il compagno Daniele Raineri del Post subito dopo l'atterraggio a Ciampino
La giornalista Cecilia Sala abbraccia il compagno Daniele Raineri del Post subito dopo l'atterraggio a Ciampino

In carcere ad Evin "sono riuscita a ridere due volte: la prima volta che ho visto il cielo e poi quando c'era un uccellino che faceva un verso buffo", aggiunge. “Il silenzio è il nemico in quel contesto e in quelle due occasioni ho riso e mi sono sentita bene. Mi sono concentrata su quell'attimo di gioia, ho pianto di gioia". 

Racconta di non aver ricevuto spiegazioni sul perché fosse finita in una cella di isolamento nel carcere di Evin. "Nelle prime due settimane mi interrogavano tutti i giorni, forse per sapere davvero qualcosa, forse per confondermi".

La premessa: “Questa storia comincia col fatto che l'Iran è il Paese nel quale più volevo tornare, dove ci sono le persone a cui più mi sono affezionata”.  Perché “si cerca di avere uno scudo dalla sofferenza degli altri che accumuli e qualche volta volta delle fonti che incontri per lavoro diventano amici, persone che vuoi sapere come stanno e l'Iran è uno di questi posti".

E ancora: "La cosa che mi è mancata di più e a cui pensavo più spesso? Daniele (il giornalista Raineri, suo compagno, ndr). Lui sa mettere insieme i miei pezzi in tutte le situazioni, anche adesso. E poi un libro, finché non l'ho avuto. Un libro di Murakami, 'Kafka on the shore', e pensare a Kafka non è il massimo in una cella di isolamento... Tra l'altro un libro pieno di sesso, cosa che non mi aspettavo in una prigione della Repubblica islamica dell'Iran...". Leggere, racconta la giornalista “mi ha salvato, e quando ho potuto chiamare Daniele gli ho detto di prenderlo anche lui, perché ci capitasse di essere nello stesso posto con la testa anche se non potevamo esserlo con i corpi, perché pensavo che saremmo stati lontani molto più a lungo".

Il problema era dormire. O meglio, riuscire a dormire. ''Avevo delle coperte, non avevo cuscini o materassi. Mangiare? Mangiavo tanto riso, nel riso c'erano lenticchie, carne. Il problema non è stato mangiare ma dormire''.

Il caso Abedini

Il lieto fine di una storia che era diventato un incubo, come lo ha definito Renato Sala, il padre di Cecilia, è arrivato ieri alle 11.24, quando Palazzo Chigi ha annunciato l’imminente rientro in Italia della giornalista de Il Foglio e Chora Media.

Ma la vicenda non sarebbe ancora “del tutto conclusa”: ed è soprattutto per questo motivo che fonti di governo continuano a predicare “massima prudenza”. Soprattutto in relazione all’affaire Mohammad Abedini, l’ingegnere iraniano 38enne arrestato all’aeroporto di Malpensa lo scorso 16 dicembre dalla Digos: una storia che inevitabilmente si intreccia con quella della giornalista italiana, nonostante l’Iran abbia smentito un collegamento tra i due casi.

''Avevo letto poco prima la notizia, che c'era stato un arresto in Italia (Mohammad Abedini ndr). Ho pensato, tra le ipotesi, che potesse essere quello il motivo, che potesse esserci l'intenzione di usarmi", rivela Cecilia Sala nel podcast. “L'ho pensato dal principio. Avevo chiara questa ipotesi e pensavo fosse uno scambio molto difficile''.