Roma, 3 gennaio 2025 - L’arresto di Cecilia Sala in Iran continua a tenere alta l’attenzione nel mondo. In gioco c’è il valore, universale, della libertà d’informazione. Tanto più se il suo ruolo nella vicenda rimane l’esclusiva volontà di avere un argomento di trattativa nel braccio di ferro tra Iran e l’Italia, passando per gli Stati Uniti. A definire meglio i complessi meccanismi di situazioni come questa è l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, diplomatico di lungo corso e già Commissario europeo per l’industria e l’imprenditoria.
Partiamo dalla notizia: in questi casi l’utilità della riservatezza va oltre l’opportunità dell’immediata divulgazione.
“Sì, è fisiologico che la notizia venga diffusa in momenti successivi rispetto a quando le autorità vengono a conoscenza di un caso specie come l’arresto di un connazionale. Si cerca prima di trovare una soluzione discreta, per così dire sotto traccia, con un dialogo diretto tra autorità competenti”.
Veniamo alla macchina che in questi casi si attiva. “L’interlocutore ufficiale è il ministero degli Esteri, in collaborazione con i servizi d’intelligence. Quello della Sala è un caso complicato. La connazionale purtroppo sembra essere diventata una sorta di moneta di scambio per gli iraniani che perseguono il rilascio del loro cittadino Mohammad Abedini arrestato in Italia su richiesta delle autorità americane che lo accusano di produrre sistemi di elettronici di puntamento contro obiettivi americani. La dice lunga anche il capo d’imputazione così vago di Teheran nei confronti della giornalista”.
La complessità diplomatica sta proprio nella doppia negoziazione?
“Esatto. Con l’Iran per ottenere la liberazione e intanto lavorare per migliori condizioni di detenzione, o meglio ancora i domiciliari, possibilmente in ambasciata. Con gli Stati Uniti, se gli iraniani intendono effettivamente evitare la consegna del loro cittadino agli americani stessi che, contestualmente, ne chiedono l’estradizione. Il fattore tempo è reso complicato proprio dal tipo di negoziazione. I trattamenti dei prigionieri, nell’ottica dello scambio, sono messi in relazione. Il fatto che la Sala sia trattenuta in un carcere come Evin indica la volontà di alzare il livello delle richieste. Le criticità dei tempi sono dettate dalla soddisfazione di tutte le parti in gioco, ciascuna deve uscirne pubblicamente salvando la faccia”.
Ha senso parlare di responsabilità, di possibilità di prevenire un fatto di questo tipo?
“Non credo ci siano responsabilità particolari né del Governo né individuali. La giornalista aveva un permesso. Nell’ottica dello scambio di cui parlavamo credo si sia trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato”.
Sembra incredibile che la comunità internazionale non possa far molto per tutelare libertà come quella d’informazione.
“È assolutamente necessario mantenere fermo il principio della libertà di stampa e d’informazione con ogni mezzo possibile”.