Carpi (Modena), 28 novembre 2014 - Condannata in via definitiva a 16 anni per l’omicidio del padre ottantottenne, ucciso la sera dell’11 febbraio 2010 nel suo appartamento a Carpi (Modena), Catia Caliti, 52 anni, chiederà di essere ammessa al lavoro esterno al carcere della Dozza di Bologna, dove è detenuta. L’istanza sarà presentata a breve alla Direzione della Casa Circondariale bolognese dal suo nuovo avvocato, il penalista bolognese Savino Lupo, cui la Caliti ha dato mandato, inoltre, di valutare l’esistenza di nuovi elementi che potrebbero eventualmente consentire di chiedere la revisione del processo.
La Caliti fu arrestata dalla polizia una decina di giorni dopo l’omicidio, incastrata dalle macchie di sangue del padre Guido, trovate su una sua giacca. Secondo gli inquirenti, la donna colpì ripetutamente alla testa il pensionato con un oggetto, che però non è mai stato ritrovato. Il movente individuato fu economico, legato al denaro che la donna aveva sottratto dal conto in banca del padre, approfittando della delega che le era stata data dal genitore. In primo grado fu condannata a 30 anni, ridotti a 16 in appello con il riconoscimento di tutte le attenuanti e la pena è stata confermata in Cassazione.
Ora, con il nuovo legale, Caliti punta a far riaprire possibilmente il caso o, in alternativa, ad uscire dal carcere per lavorare, imboccando, spiega la difesa, un percorso simile a quello seguito da Annamaria Franzoni, per arrivare alla fine alla detenzione domiciliare.