Roma, 24 novembre 2024 - “Alì Agcà è del tutto inaffidabile. In questi 41 anni ha cambiato versione un numero ormai considerevole di volte, non abbiamo bisogno di persone che così ostacolano il raggiungimento della verità, dopo 41 anni abbiamo bisogno di non perdere più tempo e procedere il più veloce possibile verso la verità”, è netta l’avvocatessa della famiglia Orlandi, Laura Sgrò, nel commentare l’intervista al nostro giornale dell’attentatore di San Giovanni Paolo II, Agcà, in cui ha chiesto di essere ascoltato dalla Commissione di inchiesta bicamerale che sta indagando sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. “Il mio pensiero è lo stesso di Pietro – dice Sgrò –, non pensiamo che chi ha cambiato tante volte le sue versioni possa essere credibile. Anzi, viene quasi il sospetto che si voglia speculare sulla povera Emanuela”.
Una certa chiusura arriva anche dalla Commissione di inchiesta che da maggio scorso sta audendo testimoni e personalità inquirenti che hanno avuto a che fare con il caso. “La nostra linea rimane sempre la stessa, se ha prove o documentazioni le fornisse alla Commissione o all’autorità giudiziaria”, dice il presidente Andrea De Priamo. Insomma, trapela, “non andiamo appresso a ogni dichiarazione”.
Un metodo che la Commissione si è data per mettersi al riparo dai tanti mitomani e depistatori che negli anni sono apparsi sulla scena del più grande mistero di Italia. Certo è che i tentativi di Agcà di utilizzare il caso Orlandi per tornare sulla scena non sono stati pochi. È agli atti della Commissione una lettera datata 21 novembre 2021, di cui il QN ha preso visione, in cui Agcà ricostruisce il sequestro Orlandi puntando il dito direttamente contro il Vaticano. “L’Attentato a papa Wojtyla non ha alcun mandante – scrive Agcà –, nessuno mi ha chiesto di uccidere il Papa e nessuno mi ha pagato per farlo. In Piazza San Pietro ero solo e ho sparato due colpi, i magistrati inquirenti lo sapevano benissimo ma alcuni hanno volutamente mentito perché volevano far credere a un complotto internazionale”.
Ben presto arriva il collegamento ai casi di Mirella Gregori e di Emanuela Orlandi su cui la Commissione sta indagando in parallelo. “Papa Wojtyla credeva profondamente nel Terzo segreto di Fatima e credeva anche di essere al centro di questo mistero – sostiene –, proprio come lo sono io. La missione che Dio gli assegnava in questo mistero era la conversione della Russia onde evitare che i suoi errori si spargessero per il mondo fino a provocarne la catastrofe finale. L’impero sovietico, guidato da un governo di satanisti atei, doveva cadere! Ogni azione compiuta da Giovanni Paolo II era rivolta a questo preciso scopo. Serviva che tutto il mondo credesse all’assoluta malvagità e quale occasione migliore che quella di accusarla del tentato omicidio del Santo Padre? Qui entro in gioco io”.
“Wojtyla voleva che io accusassi i servizi segreti bulgari e quindi il Kgb sovietico. Il premio per la mia collaborazione, che loro mi offrirono e io pretendevo, era la liberazione in due anni. Io potevo essere liberato tuttavia solo a condizione che il presidente Sandro Pertini mi concedesse la grazia ed esattamente per questa ragione Emanuela e Mirella vennero rapite. Emanuela Orlandi, cittadina vaticana, forniva a Wojtyla il pubblico pretesto per intercedere presso Pertini per la mia liberazione e Mirella Gregori, cittadina italiana e la sua famiglia costituiva la vera e propria arma di pressione e di ricatto contro Pertini”. Emanuela Orlandi, secondo dunque una delle ultime tesi di Agcà, sarebbero state volutamente degli “ostaggi”.