"Nulla è stato trascurato", tuttavia dalle indagini "scrupolosamente condotte" dalla Squadra mobile per oltre un anno "senza risparmio di energie" "non è emersa, con un minimo di concretezza, alcuna ipotesi di reato specifica e perseguibile". Il procuratore di
Trieste, Antonio De Nicolo, soppesa con cura e proprietà semantica le parole per redigere un comunicato stampa con il quale rende noto la "sola ricostruzione" possibile per gli inquirenti: Liliana Resinovich si è "intenzionalmente allontanata" da casa e "altrettanto intenzionalmente" ha posto fine alla sua vita. Non resta alla pm Maddalena Chiergia che depositare gli atti, come è stato fatto, e chiedere al gip l’archiviazione una volta decorsi i termini di legge.
Liliana Resinovich si è uccisa e porta con sé nella tomba una serie di elementi che forse sono giudiziariamente insignificanti, come scrive De Nicolo, ma che hanno reso misteriosa questa vicenda con addentellati di stranezze, qualche negligenza, gole profonde e polemiche che hanno fomentato quello che De Nicolo definisce "gorgo mediatico".
A 63 anni Liliana è uscita di casa la mattina del 14 dicembre 2021 e non si è più vista fino al 5 gennaio, quando in un boschetto poco distante da casa è stato trovato il suo corpo. Suicidatasi con modalità quantomeno inusuali: infilando la testa in due sacchetti di plastica stretti intorno al collo e il corpo in due sacchi di quelli neri per i rifiuti, uno dall’alto, uno dal basso. Nulla è emerso dall’esame dei suoi due cellulari, nulla dai confronti tra investigatori e marito, Sebastiano Visintin, e il presunto amante, Claudio Sterpin, atletico ottuagenario, e altri. Soprattutto, nulla di strano è stato evidenziato dai numerosi esami effettuati: tossicologici, tac, radiografie, perizie medico legali.
La decisione della Procura di chiedere l’archiviazione non convince, però, il fratello di Liliana, Sergio, che ribadisce come un mantra lo stesso concetto: "Mia sorella è stata uccisa, ci opporremo alla richiesta di archiviazione". Si rimettono alla lettura delle "carte" invece Alice e Paolo Bevilacqua, legali di Visintin, marito di Liliana, parte offesa. Anche il loro assistito è rassegnato: "Non è la fine di un incubo, è la continuazione di una vita senza Liliana". Intorno a lui si erano addensati sospetti, mai solidificatisi in prove.
Marco Principini