Veneto d’adozione e di carattere, classe 1947, laurea in Giurisprudenza a Padova e poi una lunga carriera nella magistratura fino a diventare procuratore proprio nella città lagunare. Carlo Nordio, neo ministro della Giustizia, è stato per la Meloni quasi una scelta obbligata, dopo il disco rosso fatto scattare dalle parti del Quirinale (per coincidenza, anche presidente del Csm) alla possibilità di affidare a Forza Italia la delicata casella di via Arenula. Lui, tra i pochi magistrati apertamente di destra, non si è affatto sottratto alla chiamata della leader di Fratelli d’Italia. Del resto, una volta appesa al chiodo la toga, si è buttato anima e corpo nell’agone politico, di cui ha subito conosciuto vizi e virtù. Ed ha subito imparato anche le regole della comunicazione, non facendo mancare mai la sua presenza nei talk show televisivi. Ora, però, che il suo sogno di diventare ministro della Giustizia si è realizzato, dovrà mantenere i nervi saldi. E, soprattutto, evitare passi falsi. L’ambiente dei magistrati, Palamara docet, è più popolato di "demoni" che di angeli. Così come le immancabili chat "giudiziarie" che hanno già sparato raffiche di messaggini al vetriolo dopo la sua visita al premier-imputato per eccellenza, Silvio Berlusconi. Un incontro che non è passato inosservato, forse anche concordato con la Meloni per addolcire al Cavaliere la casella del Ministero della Giustizia "sottratta" all’ex presidente del Senato, Elisabetta Casellati. Sarà.
Ma Nordio, del resto, le sue idee sulla riforma del sistema giudiziario non le ha mai nascoste. Garantista da sempre, allergico ad ogni forma di "gogna mediatica" per gli indagati, contrario a tutte quelle norme e codicilli che hanno, negli anni reso i processi in un viaggio lungo e tortuoso, spesso incompatibili con le regole di una società civile e, ancora di più, con quelle dell’economia. "La lentezza della giustizia civile e penale – ha confessato in una delle sue ultime interviste proprio a Qn – ci costa circa il 2% del Pil. Quindi, la prima cosa da fare, è la radicale eliminazione e semplificazione di una serie di norme sostanziali e procedurali complesse che rallentano i processi e paralizzano le amministrazione". Fosse per lui, ad esempio, andrebbe radicalmente rivisto uno dei reati che più fanno pausa a sindaci e amministratori, l’abuso di ufficio. Mentre, sulla legge Severino, che tanto sta a cuore al Cavaliere, i toni fin da subito sono stati molto più cauti. Se non altro perché la stessa leader di Fratelli d’Italia, a suo tempo, votò contro l’abolizione del provvedimento. Anche per questo, probabilmente, la sua non sarà affatto una poltrona facile. Ed è probabile che via Arenula diventerà uno dei crocevia più battuti dei difficili equilibri del nuovo esecutivo di centrodestra.
Antonio Troise