Roma, 16 settembre 2017 - «La politica deve recuperare fiducia in se stessa se vuole ristabilire il primato sull’azione giudiziaria», mette subito in chiaro l’ex procuratore aggiunto di Venezia, Carlo Nordio, «altrimenti resterà subordinata alla magistratura, come succede dal 1993, ovvero da quando è scoppiata Mani Pulite».
Ogni giorno aumenta la tensione: nel Palazzo si respira un’aria da conflitto con i magistrati che taglia trasversalmente i partiti.
«Non vedo più lo scontro frontale degli anni passati. Però rimane un’interferenza oggettiva della giurisdizione con la politica». Perché? Mancano leggi? «Ce ne sono troppe e confuse. Per cui lo spazio di discrezionalità per i magistrati è ampio».
A Genova i giudici hanno sequestrato i conti della Lega. A vederla dall’esterno, potevano evitarlo?
«Bisogna andarci cauti con provvedimenti di questo tipo, che incidono sullo svolgimento della dialettica politica. Vanno adottati solo se strettamente necessari: non mi pare che lo fossero. Così, si rischia di alterare il gioco democratico. In questo senso, ha ragione Salvini che parla di atto politico».
Quale idea si è fatto, invece, della vicenda Consip?
«Dopo aver letto le deposizioni del procuratore di Modena davanti al Csm mi pare che l’atteggiamento di alcuni investigatori sia stato quanto meno discutibile».
Intuisce un oscuro disegno di pezzi dello Stato per far fuori Renzi?
«No. Piuttosto, ci sono investigatori che possono essere inebriati dalle conseguenze importanti che hanno le loro inchieste, tanto da forzare le risultanze processuali. E quindi, può trattarsi di Renzi, può trattarsi di Berlusconi, può trattarsi un domani di Grillo rimane il fatto che l’obiettivo è un risultato eclatante. Non va poi sottovalutato un altro aspetto: la Consip ha dimostrato che si fa un uso delle intercettazioni ambientali devastante».
Serve un giro di vite?
«Assolutamente. Aggiungo pure che, da un punto di vista tecnico, se le intercettazioni del caso Consip fossero state alterate volontariamente, non ci sarebbe solo il reato di falso ma anche quello di calunnia reale. Cioè, quello di simulare circostanze in modo da incolpare un’altra persona ed è molto più grave di altri».
La legge sulle intercettazioni che giace in Parlamento potrebbe risolvere il problema?
«È troppo timida. Perché continua a mantenere le intercettazioni come mezzo di prova invece di mezzo di ricerca della prova. Finché resteranno mezzi di prova, dovranno essere ascoltate da tutte le parti interessate, a partire dai difensori. Venendone a conoscenza decine di persone è altissimo il rischio che finiscano sui giornali, poiché l’anonimato è garantito».
Come impedirlo?
«Valorizzando di più le intercettazioni preventive che restano chiuse nella cassaforte del pubblico ministero. Servendo come mezzo di ricerca della prova, non sono utilizzate processualmente e quindi non vengono viste da nessuno».
Tutti invece hanno visto che sono finite nel nulla la vicenda processuale dell’ex sindaco di Venezia, Orsoni, e quella dell’ex Guardasigilli Mastella.
«Il caso di Orsoni è diverso da quello di Mastella perché per una parte dei reati contestati l’ex sindaco è stato assolto e per l’altra prescritto. Per l’ex ministro, invece, si tratta di assoluzione piena, in più il suo processo è durato più del doppio di quello del Mose, è stato lunghissimo. Ora, io penso che quando l’assoluzione interviene con formula piena lo Stato abbia almeno il dovere di pagargli le spese legali».
In questo quadro variegato, c’è chi torna a parlare di giustizia a orologeria.
«Mai creduto alla giustizia a orologeria. Anche perché da noi tra referendum e elezioni varie votiamo ogni anno. C’è sempre l’alibi per dire che c’è un’occasione che ha stimolato le indagini».