Roma, 15 dicembre 2024 – Sono 30,8 milioni le persone potenzialmente bisognose di assistenza a lungo termine nell’Ue (38,1 milioni entro il 2050) e, ad oggi, è compito di un europeo su tre prendersene cura. Con oltre sette milioni di persone impegnate nell’assistenza rivolta prevalentemente a un proprio familiare (dati Istat), in Italia l’incidenza del caregiving è maggiore rispetto alla media Ue (22% per le donne e 21,3% per gli uomini). Un esercito di invisibili che sostiene il welfare del nostro Paese sopperendo alla minore disponibilità di servizi di assistenza pubblica con una gestione dell’assistenza all’interno del nucleo familiare. “Serve una legge inclusiva e di giustizia sociale”, sottolinea Loredana Ligabue, segretaria dell’associazione Caregiver Familiari ‘Carer’.
Il peso della cura
“Il peso della cura – spiega Ligabue – determina impatti molto diversi a seconda dell’età, del contesto sociale, del tipo di supporti che si possono avere. Tantissimi caregiver vanno in burnout, in una situazione di stress cronico che porta a depressione. La difficoltà di conciliare la cura con il lavoro fa emergere il senso di colpa”. Oltre il 29% – rileva l’indagine 2024 sui caregiver familiari di Cittadinanzattiva – è caregiver da più di 5 anni, un ulteriore 25% da più di dieci. Quasi il 45% si sente poco realizzato personalmente e più della metà (55,8%) dichiara di aver poco tempo per la sua sfera personale, anche se pensa di essere molto utile (55,8%) per la persona di cui ha cura. Inoltre il 73,4% afferma di aver dovuto rinunciare al lavoro o, nel caso dei giovani, allo studio, per alcuni periodi della propria vita.
Il divario di genere
Le responsabilità di assistenza non retribuita lasciano lontane dal mercato del lavoro circa 7,7 milioni di donne in Europa, rispetto a soltanto 450mila uomini. In Italia svolgono il ruolo di caregiver il 24,9% delle donne e il 21,8% degli uomini. Una prevalenza femminile che – stando ai dati Istat – corrisponde a una quota del 58% dei caregiver.
I limiti della legge 104
“La legge 104/1992 (che dà diritto a tre giorni di permesso retribuito al mese per assistere un familiare con disabilità grave ndr) è stata una legge molto importante, ma – commenta Ligabue – è datata. Vi è la necessità di rivedere il tema della conciliazione di cura e lavoro. Un grosso vincolo ancora presente per ottenere il congedo è il requisito della convivenza con il familiare da assistere. Non so quante telefonate ricevo di gente disperata dinnanzi a un vincolo che porta a snaturare la propria vita”.
Verso una legge nazionale
Fanalino di coda in Europa per non aver dato una cornice normativa alla figura del caregiver l’Italia sta per dotarsi di una legge in materia. Tra i criteri necessari per garantire diritti e tutele al caregiver familiare definiti da Cittadinanzattiva e Carer nel Manifesto-Appello presentato lo scorso ottobre presso la Camera dei Deputati figurano: una definizione ampia della figura, che riconosca diritti e tutele anche se il caregiver non convive o non è un familiare della persona assistita; l’attivazione di tutele crescenti rapportate al carico assistenziale e agli impatti/bisogni del caregiver; il coinvolgimento del caregiver nella definizione del cosiddetto Progetto di vita o Progetto Assistenziale Individualizzato della persona assistita; lo stanziamento di risorse congrue per garantire una effettiva esigibilità delle tutele.
Le proposte sul tavolo
La rilevanza del fenomeno dei caregiver familiari trova un riscontro nei sette disegni di legge oggi presenti in Parlamento. “A breve – ha annunciato la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli – verrà presentata una proposta che partirà dal caregiver familiare convivente, e prevalente, per garantire tutele differenziate e specifiche a tutti i caregiver familiari”. Tuttavia l’impostazione emersa dal Tavolo tecnico sui caregiver preoccupa le associazioni. “L’attuale proposta, riferita unicamente al caregiver familiare convivente – sottolinea Ligabue –, taglia fuori tutte quelle persone che dedicano il proprio tempo a un proprio caro, pur non vivendo nella stessa abitazione o non essendo legati da rapporti di parentela”.