“Nessuno può più dirsi al riparo in Vaticano. Con papa Francesco chi commette un reato paga, anche se è un principe della Chiesa“. Ne è convinto il professor Pierluigi Consorti, ordinario di Diritto canonico all’Università di Pisa e presidente dell’associazione dei canonisti italiani, commentando la vicenda processuale del cardinale Angelo Becciu. Prima ’spogliato’ dal Papa delle prerogative cardinalizie, in modo da consentire un’inchiesta penale vaticana più libera e puntuale sullo scandalo finanziario dell’acquisto del Palazzo di Sloane Avenue, quando il porporato era sostituto agli Affari generali, poi condannato in primo grado dal Tribunale vaticano per peculato e truffa aggravata a 5 anni e sei mesi.
Una sentenza scontata?
“No, non lo era. Non si può mai sapere come si conclude un processo. Si è trattato di un procedimento vero che non solo doveva accertare i fatti, ma anche verificare la loro natura giuridica, ossia se erano reati o meno, e nel caso qualificarli. La struttura processuale vaticana, risalente al 1913, conferisce più spazio alla fase dell’istruttoria rispetto a quella dibattimentale, per cui si poteva presumere che l’accusa avesse solide basi“.
Anche i diritti della difesa del cardinale sono stati rispettati?
“Non mi sento di muovere critiche al processo. Ritengo che la procedura penale sia stata rispettata. Il Tribunale vaticano è un organo statale che esercita l’azione penale nello Stato e non prevede esenzioni nei confronti dei cardinali“.
Quale è stato l’atteggiamento del Papa nei confronti di Becciu?
"Si è comportato in maniera molto ’bergogliana’. Quando nel 2020 sono state mosse le prime accuse al cardinale, il Pontefice ha accolto le sue dimissioni, un modo gentile in Vaticano per dire che è stato rimosso, e lo ha anche privato delle prerogative del cardinalato. Quest’ultimo è un atto senza precedenti, non regolato dal Codice di diritto canonico, col quale si esterna il fatto che il Papa non nutre più fiducia nella collaborazione leale di un porporato che però resta tale“.
Francesco voleva mandare anche un messaggio agli inquirenti?
«In un certo senso li ha lasciati più liberi d’indagare, senza nutrire alcun timore reverenziale verso un inquisito che non poteva più contare sulla ’grazia di stato’ di cui godono i cardinali, i collaboratori più stretti del Papa che in Vaticano è anche il re. Tuttavia, Bergoglio ha mantenuto un rapporto paterno con Becciu, a dimostrazione che voleva attendere l’esito processuale senza influenzare i giudici".
Che ripercussioni può avere questa condanna sul proseguo del papato di Francesco?
“Non cambia troppo la sua posizione. Lui si dimostra un monarca attento a difendere l’istituzione prima dei suoi uomini. Crede all’autonomia della giustizia vaticana, cui attribuisce il compito di decidere liberamente. E questa è una novità del suo pontificato. Prima i reati commessi in Vaticano erano passati sotto silenzio, oppure nei casi più eclatanti perseguiti, per delega, dallo Stato italiano come nel caso dell’attentato a Giovanni Paolo II. Il carcere vaticano è sempre stato vuoto fino all’arresto del maggiordomo di Benedetto XVI, nel 2012, accusato di avere passato carte riservate fuori dalle mura leonine. Condannato a tre anni di reclusione, fu graziato dal Papa dopo pochi mesi“.
Con Bergoglio nessun cardinale può dirsi al sicuro, vedesi il caso di Bertone, stigmatizzato urbi et orbi per le spese eccessive necessarie alla ristrutturazione dell’attico, quello di McCarrick dimesso dallo stato clericale per abusi sessuali, di Burke sfrattato perché avrebbe utilizzato l’immobile contro la Chiesa e ora la condanna di Becciu? “I cardinali di Francesco vanno in bicicletta, come Zuppi, e riallacciano i fili della luce elettrica, come Krajiweski. Quelli che erano abituati agli attici sfarzosi o alle sine cura, come Bertone o Burke, sono destinati a restare in panchina. E se commettono retai, sanno che il papa non li proteggerà, anzi. Almeno finché Francesco resta Papa“.