Venerdì 16 Agosto 2024

Sovraffollamento carceri, l’ipotesi: domiciliari o affidamento in prova per pene residue brevi

La proposta, al vaglio del ministero della Giustizia, libererebbe migliaia di posti letto negli istituti di pena italiani. Da gennaio 63 suicidi in cella (quasi tutti uomini), +19 rispetto al 2023

Un carcere

Un carcere

Roma, 16 agosto 2024 – Carceri sempre più polveriera in Italia tra sovraffollamento, condizioni al limite della vivibilità e organico sotto il livello di guardia. Per arginare il problema, che ha fatto registrare 63 suicidi di detenuti da gennaio ad oggi, si valutano misure alternative alla detenzione in cella, tra cui i domiciliari o l'affidamento in prova, per i detenuti condannati per reati non ostativi, che devono scontare pene residue entro un anno. È questa una delle ipotesi – a quanto si apprende da fonti vicine al dossier carceri – prese in considerazione dal ministero della Giustizia.

La proposta è emersa già lo scorso 7 agosto in occasione dell'incontro del ministro con il Garante dei detenuti e con gli stessi garanti regionali, e punterebbe anzitutto al contrasto del fenomeno del sovraffollamento carcerario, con un abbassamento di migliaia di posti nelle carceri italiane. Attualmente la detenzione domiciliare per i soggetti con pene non superiori a diciotto mesi – con la possibilità di scontare la pena presso la propria abitazione o un altro luogo, pubblico o privato – è prevista dalla legge 199 del 2010 (stabilizzata dal dl 23 dicembre 2013 n.146), ma può essere concessa esclusivamente dal tribunale di sorveglianza.

I numeri dell’emergenza

Sessantatrè suicidi di detenuti in carcere in meno di otto mesi, da gennaio al 16 agosto 2024. Il dato, diffuso dal Garante dei detenuti, fa registrare un aumento preoccupante: +19 casi rispetto allo stesso periodo del 2023 e +11 rispetto al 2022. L'età media è di circa 40 anni.

Delle persone morte per suicidio, 61 erano uomini e 2 donne. Riguardo alla nazionalità, 33 erano italiani (pari al 52%) e 30 stranieri (pari al 48%), provenienti da 15 Paesi. Le fasce d'età più presenti sono quelle tra i 26 e i 39 anni (30 persone) e tra i 40 e i 55 anni (16 persone). Altre 7 persone avevano tra 18 e 25 anni e 9 persone avevano un’età compresa tra 56 e 69 anni. Soltanto un detenuto suicida era ultrasettantenne. 

Per quanto riguarda la posizione giuridica, 24 persone erano in attesa di primo giudizio, 26 erano state giudicate in via definitiva e condannate, mentre 8 avevano una posizione cosiddetta "mista con definitivo”, cioè avevano almeno una condanna definitiva e altri procedimenti penali in corso.

Per quanto riguarda invece i reati, dal report emerge che la maggior parte delle persone (33, pari al 53,3%) che si è tolta la vita in carcere era accusata o era stata condannata per reati contro la persona: tra questi, 13 per omicidio (tentato o consumato), 8 per maltrattamento in famiglia e 4 per violenza sessuale. A seguire i reati contro il patrimonio (20, pari al 31,7%) e quelli legati agli stupefacenti (5).

Trentaquattro detenuti (pari al 54%) si sono suicidati nei primi sei mesi di detenzione; di questi, 7 entro i primi quindici giorni e 5 addirittura entro i primi cinque giorni dall'ingresso. Trentaquattro persone (54%) sono risultate coinvolte in altri eventi 'critici' e di queste 15 avevano precedentemente messo in atto almeno un tentativo di suicidio. Gli istituti in cui si sono verificati i suicidi sono 42, pari al 22% del totale delle strutture penitenziarie.