Lunedì 15 Luglio 2024
DAVID ALLEGRANTI
Cronaca

“L’acqua calda non è un diritto in cella”. Il faro del Garante sul carcere di Sollicciano

Gli accertamenti dopo che il magistrato di sorveglianza ha rigettato il reclamo di un detenuto

La protesta dei detenuti nel carcere di Sollicciano (New Press Photo)

La protesta dei detenuti nel carcere di Sollicciano (New Press Photo)

Firenze, 13 luglio 2024 – Questa prigione non è un albergo. Aveva scritto così il magistrato di sorveglianza Claudio Caretto nell’ordinanza con la quale rigettava il reclamo presentato da un detenuto nel carcere di Sollicciano che chiedeva, come da suo diritto, di avere l’acqua calda nella cella. Su quell’ordinanza, di cui ha dato notizia Quotidiano Nazionale venerdì scorso, adesso il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale avvierà degli accertamenti: “Con riferimento alla mancanza di acqua calda nel lavandino che si trova all’interno delle camere detentive, ritiene questo magistrato che la fornitura di acqua calda all’interno della cella non sia un diritto essenziale garantito al detenuto, ma una fornitura che si può pretendere solo in strutture alberghiere”, c’è scritto nell’ordinanza che liquida malamente le richieste del detenuto: “Le pareti della cella presentano macchie visibili di umidità e di muffa. Tali formazioni funginee sono causate dalle frequenti infiltrazioni d’acqua che, in caso di precipitazioni atmosferiche, aumentano considerevolmente”, aveva scritto il ristretto nel reclamo; la presenza di infiltrazioni di acqua e di muffa “è resa ancor più grave se si considera che l’impianto di riscaldamento non è sempre funzionante, anche a causa del costante sovraffollamento nel quale il carcere di Sollicciano versa. Anche quando l’impianto termo-idraulico è funzionante la cella è fredda”.

Il detenuto lamentava anche di essere stato morso dalle cimici. Eppure, per il magistrato, “stante la discordanza tra quanto dichiarato dal detenuto e quanto attestato dalla amministrazione penitenziaria, si deve tenere veritiera la versione fornita ala (sic, ndr) seconda in quanto proveniente da pubblico ufficiale e quindi fidefacente”. Per il magistrato deve prestare ascolto, insomma, solo all’amministrazione penitenziaria e non al detenuto.

Il Garante avvierà accertamenti anche su un’altra ordinanza firmata dallo stesso magistrato di sorveglianza. Nella copia in possesso di Quotidiano Nazionale è omessa la data, quindi la decisione potrebbe risalire anche a qualche tempo fa. In ogni caso, il dottor Caretto ha rigettato l’istanza di liberazione anticipata presentata da un detenuto che aveva tentato il suicidio, “considerando che il tentativo di togliersi la vita mediante impiccagione è incompatibile con il presupposto della liberazione anticipata che è la partecipazione all’opera rieducativa”. Il tentato suicidio, insomma, non è compatibile con la rieducazione. In questo caso il magistrato ha voluto punire, negando la liberazione anticipata, chi pensa di liberarsi dal dolore della carcerazione rinunciando alla vita.