Venerdì 26 Luglio 2024

Droga e cellulari in carcere, stop al business di Catanzaro. In manette anche l’ex direttrice

In arresto anche alcuni agenti della penitenziaria. All’interno del carcere entravano pacchi contenenti beni vietati in cambio di compensi dai familiari di alcuni detenuti

Inchiesta su carcere di Catanzaro, arrestata ex direttrice (Ansa)

Inchiesta su carcere di Catanzaro, arrestata ex direttrice (Ansa)

Roma, 15 febbraio 2024 –  Droga, telefoni cellulari e sim card. Fermato il business del carcere di Catanzaro. A finire in manette anche l’ex direttrice del Caridi e alcuni agenti penitenziari. L’operazione, con 38 indagati, nelle province di Catanzaro e Cosenza e in altre località del territorio nazionale, è stata condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Catanzaro e del Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria con il supporto dei militari della Legione Carabinieri Calabria e dei Nuclei investigativi regionali. Sul piano indiziario sarebbero emerse “reiterate condotte omissive e commissive, da parte di un direttore dell'amministrazione penitenziaria e di un funzionario della polizia penitenziaria per acquisire la benevolenza dei detenuti” evitando cosìdifficoltà di gestione dell'istituto carcerario e pregiudizi di carriera". L’accusa è di "concorso esterno rispetto ai sodalizi all'interno dell'istituto penitenziario".

Tra gli indiziati anche un altro operante della polizia penitenziaria che avrebbe “ricevuto compensi dai familiari dei detenuti, riconosciuti vicini a famiglie e clan della criminalità organizzata siciliana e campana, per introdurre pacchi contenenti beni vietati, in cambio promesse di utilità economiche" e accusato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso.

Accuse sono state mosse per altri agenti di polizia penitenziaria riguardo ai controlli sui pacchi in ingresso nel carcere e all'appropriazione di derrate alimentari. Contestualmente è stato eseguito il sequestro preventivo, disposto dal gip, di carte prepagate che sarebbero state utilizzate da alcuni indagati per ricevere i proventi della vendita, o della cessione in uso, dei cellulari all'interno del carcere, nonché di una rivendita di tabacchi e di un negozio di telefonia gestiti da un imprenditore cosentino”.