"Hanno fatto bene. Certe cose vanno proibite e chi le diffonde deve pagare una multa salatissima". Anche Mogol, il Manzoni della canzone italiana, ha preso posizione sull’esclusione di Tony Effe dal concerto di Capodanno di Roma. Il garbo, la gentilezza, il rispetto per le donne: dove andremo a finire? Forse là dove abbiamo cominciato. Nel 1973 lui e Battisti potevano permettersi un brano come ‘La canzone della terra’, che oggi se non un boicottaggio giustificherebbe qualche smorfia. L’audace Lucio cantava così: "Prima cosa voglio trovare il piatto pronto da mangiare e il bicchiere dove bere. Seconda cosa voglio parlare di tutte le cose che ho da dire (..) donna mia devi ascoltare. Terza cosa quando ho finito subito a letto voglio andare e fra la seta della carne tua mi voglio avvolgere fino a mattina e donna senza più nessun pudore puledra impetuosa ti voglio sentire io dolce e impetuosa ti voglio sentire". Nessuno ci trovò niente di sconveniente, tacquero anche coloro che due anni prima avevano stretto le maglie della censura per il sessismo capovolto di ‘Dio mio no’ (sempre Battisti-Mogol) dove era la donna a fare la screanzata: "Dopo aver mangiato la frutta / si alza e chiede dove c’è il letto / poi scompare dietro la porta la sento mi chiama / la vedo in pigiama". Con la sensibilità odierna e i testi che ci siamo lasciati alle spalle, un multa retroattiva andrebbe a stanare anche gli insospettabili e Riccardo Cocciante un Capodanno in piazza dovrebbe scordarselo. Era il 1974, la prospettiva perentoria: "E quando a letto lui ti chiederà di più, tu glielo concederai perché tu fai così, come sai fingere se ti fa comodo. E adesso spogliati come sai fare tu, ma non illuderti, io non ci casco più, tu mi rimpiangerai". ‘Bella senz’anima’ fu un successo mondiale, oggi non andrebbe nemmeno a Sanremo. Nel saggio "Il maschilismo orecchiabile – mezzo secolo di sessismo nella musica leggera italiana", Riccardo Bugazzi dimostra che le canzoni pop diventate il nostro patrimonio emotivo sono piene di temi misogini e violenti.
Adriano Pappalardo si atteggia a stalker: "Ti seguo ti curo, non mollo lo giuro". Raf minaccia: "Se tu mi guardi non rispondo/Io non ti voglio/ Ti pretendo/ È inutile che dici di no". Marco Masini esagerava di brutto: "Mi verrebbe da strapparti/quei vestiti da puttana/ E tenerti a gambe aperte/finché viene domattina". Con ‘Bella stronza’ siamo già negli anni Novanta, mica nel folclore indistinto de la Famegia dei Gobbon e il cantautore fiorentino, con la scusa del troppo amore, mette assieme capi di imputazione dalla molestia alla minaccia grave. Professore, uomo di cultura, di sinistra, nel 1992 Roberto Vecchioni trionfa al Festivalbar e tra una "che non legge Freud" e la stakanovista "col pisello" sceglie la "donna con la gonna", gli altri si tengano pure la barricadera. Razzismo, sessismo e minacce di morte: non manca niente di scorretto in ‘Colpa di Alfredo’. Per Vasco Rossi la sfortunata di turno diventa una "troia" che gli preferisce un "negro" dall’italiano incerto: oggi in piazza troverebbe la ghigliottina. Alla fine Manuel Agnelli lo ammette in "Lasciami leccare l’adrenalina": "Forse non è proprio legale sai/ Ma sei bella vestita di lividi"). Tra licenza e metafora, si salvano in pochi. Colpevole anche John Lennon, che pure ha scritto ‘Imagine’. ‘Run for your life’ non è memorabile per molti motivi ed è pure invecchiata male: "Preferirei vederti morta, ragazzina, che con un altro uomo". A risentirla oggi altro che multa.