Lunedì 2 Dicembre 2024
ALESSANDRO CAPORALETTI
Cronaca

Stop alla cannabis light, il questore Pignataro: "Nessun compromesso, è comunque droga"

Nel 2018 ha mandato i poliziotti a chiudere i negozi che vendevano prodotti a base di cannabis light e ha denunciato i titolari per spaccio

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Antonio Pignataro, 64 anni

Roma, 2 agosto 2024 – Da questore di Macerata, nel giugno 2018, mandò i poliziotti a chiudere i negozi che vendevano prodotti a base di cannabis light e ne denunciò i titolari per spaccio. Fu il primo in Italia, il questore anti cannabis. Superfluo chiedere ad Antonio Pignataro, oggi consulente del Dipartimento per le Politiche antidroga della Presidenza del Consiglio, se sia d’accordo con l’emendamento al Dl Sicurezza che introduce il divieto di coltivazione e commercializzazione della cannabis light. "Sono un servitore dello Stato – dice – e ho il compito di difendere vita e salute delle persone. L’emendamento mira a tutelare questi beni primari in sintonia con comunità scientifica e comunità terapeutiche, che da anni sottolineano la pericolosità della cannabis. Non va considerata una droga leggera, ma pesante, come lo sono cocaina, eroina e droghe sintetiche. A causa di un letargo durato anni oggi paghiamo un prezzo alto. C’è un’emergenza droga".

Perché e sulla base di quali presupposti decise di intervenire già sei anni fa?

"La legge 242/2016 (promozione di coltivazione e filiera agroindustriale della canapa) non autorizza la vendita di cannabis e derivati, né indica l’esistenza di una cannabis light. Anzi, si accertò che con l’introduzione della normativa e in assenza di un divieto alla vendita di cannabis erano stati aperti con semplice Scia (comunicazione e non concessione di autorizzazione) tanti negozi che vendevano, oltre a prodotti alimentari, anche foglie, infiorescenze, resina e olio a uso ornamentale e da collezione, il cui giro di affari è stimato in centinaia di milioni e in continua crescita. La vendita era ed è destinata ai ragazzi col falso messaggio che si tratta di sostanza innocua, legale, che addirittura fa bene alla salute. Ma è cannabis, cioè droga alla stregua delle altre".

Lei sostiene da sempre che non esiste una cannabis light, con bassa percentuale di Thc (in Italia inferiore allo 0,6%), la cui produzione e commercializzazione è consentita dalla legge, e una cannabis non light. Perché?

"Quando si parla di cannabis, il concetto più errato è fare riferimento alla percentuale di Thc: la percentuale è valida per la filiera agricola. Al contrario, per l’uso ludico-ricreativo e la vendita, occorre tenere presente, al fine della configurabilità del reato di spaccio in capo al titolare del negozio, un calcolo matematico che si riferisce solo ai milligrammi di Thc contenuti in un grammo di sostanza. Questo mi ha dato coraggio e mi ha permesso di superare la solitudine in cui mi sono trovato mentre chiudevo negozi e aziende, non temendo minacce di morte, offese e soprattutto critiche politiche".

In Italia il mercato dei prodotti a base di Cbd ha un giro d’affari di circa 150 milioni all’anno e nella filiera lavorano diecimila persone.

"Per la questione economica sul Cbd, ricordo che questa sostanza può essere legalmente venduta in tutte le farmacie con ricetta medica e per patologie particolari".

Una stretta sulla cannabis light quando ci sono forze politiche che insistono per la liberalizzazione, per contrastare le narcomafie?

"Le legalizzazioni di cosiddette droghe leggere, anche parziali, non hanno prodotto gli effetti che si erano prefissate. Bisognerebbe leggere il World Drug Reporter, che ribadisce il disastro della legalizzazione della cannabis in Nord America e in America Latina, dove il primo problema delle comunità è la dipendenza da cannabis. Il disastro coinvolge anche l’Europa e l’Italia, che vede l’aumento di patologie mentali a causa delle droghe in soggetti che per il 98% hanno iniziato dalla cannabis".