Roma, 29 aprile 2019 - Per un miliardo di volte all’anno - letterale - su autobus, tram o metropolitane si viaggia a scrocco. Per ordine di grandezza, è come se tutti i passeggeri di una metropoli come Roma si muovessero senza pagare. Il danno per le casse delle aziende e quindi per tutti noi è stimato in 500 milioni su 3,5 miliardi d’incasso. Potremmo comprarci due bus a metano, se sono diesel ti danno il resto. Anche: aggiungendo quella cifra agli investimenti da qui al 2033, l’età dei mezzi si abbasserebbe finalmente a sette anni, sacrosanta media europea oggi inarrivabile, visto che sforiamo a 11,4.
I conti base si deducono da Asstra, l’associazione che riunisce le 930 imprese del trasporto pubblico, ferrovie locali comprese, escluso Trenitalia. Da nord a sud, il tasso di evasione si attesta sul 20%, da calcolare su 5,4 miliardi di passeggeri trasportati (leggi spostamenti). Le stime sono state riproposte in un’indagine del 2016. Di fatto, si conferma una vecchia statistica mai aggiornata, paga la multa appena 1 scroccone su 3. Dai biglietti arriva solo il 30% delle risorse. E anche su questo siamo fanalino di coda in Europa. Chiaramente il valore di quel che si perde è molto più alto dei titoli di viaggio non incassati, perché la sanzione sul bus vale almeno 40 euro, con importi decisi dalle Regioni. Danno d’immagine e iniquità sociale, è la sintesi di tutte le analisi. Il meccanismo psicologico è collaudato. Il viaggiatore fa il furbo se pensa che il rischio sia basso. E bassa è anche la considerazione generale del servizio. Nel confronto con l’Europa impallidiscono entrambe le categorie.
Le aziende non parlano volentieri dell’evasione, i numeri sono custoditi gelosamente. I motivi di tanta prudenza sono in sostanza due: nei contratti di servizio con i Comuni di norma il controllo è un obbligo. Ma soprattutto la fame cronica di risorse - anche se i contributi pubblici sono i più alti d’Europa - porta ciascuno di noi a pensare che i soldi persi servirebbero come il pane. Il fenomeno dei ‘portoghesi’ ha percentuali molto diverse a seconda della città. Sui bus di Napoli «viaggia tra il 50% e il 60%», come ammette l’Anm, che vince almeno la gara sulla trasparenza. Tper - che governa su Bologna e Ferrara, treni locali compresi - nel 2017, ultimo dato disponibile, ha dichiarato un’evasione che sfiora il 5%. La frode è in media del 12% a Genova, ma anche nel 2018 i verbali pagati continuano ad essere quasi niente, siamo appena al 25%. Roma ha un’evasione accertata del 6%, come Berlino, la città peggiore della Germania: lì però dopo il terzo sgarro, scatta la denuncia penale e si va in galera.
L’Atac fa sapere: facciamo controlli senza tregua, anche a marzo sono stati multati 700 passeggeri al giorno. Ma i movimenti in un anno sono 1,2 miliardi. La stima è in un documento dell’Agenzia per i servizi pubblici della capitale. I tecnici hanno messo a confronto i numeri di Roma con quelli di Milano per scoprire (su dati 2016) che i disinvolti arrivano al 35%. Il danno economico è quantificato in 90 milioni. La ‘varietà regionale’ porta anche qualche beffa. Per dire: una multa presa su un bus dell’Amat a Palermo e non pagata, può essere riscossa solo con il decreto ingiuntivo. Che costa. Così si prova con l’effetto dissuasione. Sono tornati i vigilantes, come aiuto-controllori. Disarmati, precisa l’azienda. A Genova sono andati oltre. Perché l’«evasore seriale fraudolento», con la sanzione incassa anche una denuncia penale. L’Amt si è mossa mutuando lo schema da sentenze sui pedaggi autostradali. «Nessuna forzatura - è sicuro l’amministratore unico Marco Beltrami –. Abbiamo studiato bene la cosa con i nostri legali. L’anno scorso sono state denunciate sei persone, c’era chi aveva collezionato da 15 a 55 infrazioni. Certo, le notifiche sono complesse, il rischio di sbattere contro un muro esiste. Ma i cittadini ci riconoscono lo sforzo. Ogni settimana organizziamo anche una verifica intensiva, in genovese la chiamerei tonnara. Mettiamo 15 controllori a un capolinea, chiedono il biglietto a tutti quelli che scendono. Non si sfugge».
SCONTI A CHI PAGA SUBITO - Ogni strumento è buono per invogliare il multato a pagare subito. Perché se non incassi nei primi giorni - quando ancora è valido lo sconto -, dopo la strada è tutta in salita, e nemmeno le cartelle esattoriali possono fare il miracolo di rintracciare cittadini irreperibili che se ne infischiano. Così il bancomat a bordo ormai è la norma; seguono qr code e altre facilitazioni. La strada è tecnologica. Dopo 60 giorni di calendario gli importi svettano a 220 euro. In teoria la multa non scade mai. In teoria. Spiega Valeria Zeppilli, avvocato dello studio Cataldi: «La sanzione amministrativa va in prescrizione dopo 5 anni, a meno non ci sia un atto che interrompa la scadenza, da parte di chi deve riscuotere. Può essere un’ordinanza di ingiunzione o un’intimazione di pagamento. Non vale invece un invito bonario senza raccomandata. Nelle piccole città può costare di più provare a recuperare che incassare. Anche la cartella esattoriale vale 5 anni. Altrimenti si resterebbe in sospeso per sempre». In tutto questo una certezza: le multe non riscosse le paghiamo noi.