Cosa c’è – anzi, cosa ci dovrebbe essere – di più spontaneo e vero di un augurio di Natale? Nulla. Se solo la Ue non avesse pensato bene di dare una "direttiva" anche su questo per evitare – si sostiene – di non mettere in imbarazzo chi riceve un augurio, ma non è di fede cristiana. Non una semplice raccomandazione, attenzione, ma un vero e proprio decalogo stilato dalla commissione Ue, con all’interno una lista di espressioni da usare per non urtare la sensibilità di nessuno: niente riferimento religioso negli auguri, in ogni discorso sul 25 dicembre o nelle frasi scritte per mail o messaggio. "Ogni persona in Ue ha il diritto di essere trattato in maniera eguale", si legge, senza riferimenti di "genere, etnia, razza, religione, disabilità e orientamento sessuale". Questo, scrive Bruxelles per una "corretta comunicazione" raccomandata dalla Commissione dal titolo "Union of Equality".
L'Ue ritira le linee guida sul linguaggio dopo le polemiche: "Non adeguate"
Sembra di sognare? Un po’ si. Perché addirittura la parola che da il senso al tutto, appunto "Natale" va – andrebbe – sostituita con "festività" o "feste". Ecco un esempio concreto contenuto nel documento: al posto di "il Natale è stressante", si deve dire "le festività sono stressanti". Quindi, invece di "buon Natale" è preferibile "buone feste". "Evita di dare per scontato che tutti siano cristiani — è l’indicazione contenuta nel documento interno —. Non tutti celebrano le feste cristiane, e non tutti i cristiani le celebrano nelle stesse date. Sii sensibile al fatto che le persone hanno diverse tradizioni religiose e calendari".
Anche "buone vacanze" potrebbe andare bene. Un altro esempio: non usare nomi cristiani o che siano tipici di una religione. Tra gli altri suggerimenti, "non usare mai nomi di genere come ‘operai, poliziotto o pronomi maschili’ come un valore predefinito"; "quando si utilizza una varietà di immagini, testimonianze e storie, assicurarsi che riflettano la diversità in tutti i suoi sensi". Insomma, gli stereotipi sono da eliminare che siano basati su sesso, età ed etnia. E così, devono sparire "Signori e signore", da sostituire con "cari colleghi".
"L’Europa cancella le nostre radici cristiane", è la trincea issata da Lega e Fd’I, mentre a Strasburgo l’azzurro Antonio Tajani ha inoltrato immediatamente un’interrogazione scritta alla Commissione. Bruxelles si è subito difesa: "Non vietiamo o scoraggiamo l’uso della parola Natale, è ovvio. Celebrare il Natale e usare nomi e simboli cristiani sono parte della ricca eredità europea", spiegano fonti dell’esecutivo europeo. Ma ormai la polemica divampa. Spiega la commissaria Ue all’Uguaglianza Helena Dalli. "Le parole e le immagini che usiamo nella nostra comunicazione quotidiana trasmettono un messaggio su chi siamo e chi non siamo", a partire anche dal tema della disabilità e dell’età. Dire anziani può essere offensivo, meglio usare popolazione più adulta".
Nel documento, anche il tema dell’orientamento sessuale è centrale. Mai dire "un gay", ma piuttosto "una persona gay". Usare la formula "una coppia lesbica e non due lesbiche", così come nella rappresentazione di una famiglia, dove "marito, moglie, padre o madre", non rispecchiano il linguaggio inclusivo voluto dall’Ue. Meglio ’partner’ o ’genitori’. Insomma, l’ipocrisia è servita. A partire da Natale.