Domenica 12 Gennaio 2025
SARA MINCIARONI
Cronaca

Brigatista scarcerato. La moglie dell’agente ucciso: "Solo per noi fine pena mai"

Libero il terrorista che pedinò Marco Biagi, parla la vedova di Emanuele Petri. Il marito morì in un conflitto a fuoco con le nuove Br. Lei: non odio, ma non perdono. .

Libero il terrorista che pedinò Marco Biagi, parla la vedova di Emanuele Petri. Il marito morì in un conflitto a fuoco con le nuove Br. Lei: non odio, ma non perdono. .

Libero il terrorista che pedinò Marco Biagi, parla la vedova di Emanuele Petri. Il marito morì in un conflitto a fuoco con le nuove Br. Lei: non odio, ma non perdono. .

"La nostra pena non ha sconti e non finisce mai". Alma Petri anche nei momenti più bui non ha mai smesso di credere nei valori della giustizia italiana, nemmeno dopo la notizia che Simone Boccaccini, condannato a 21 anni di carcere per l’omicidio di Marco Biagi, è uscito dal carcere. Ma la vedova del poliziotto umbro morto a Castiglion Fiorentino durante uno scontro a fuoco con i brigatisti, ammette lo sconcerto: "Noi familiari liberi non lo saremo mai. La sensazione è che solo la nostra pena viene scontata per intero. Una condanna al dolore che non finisce mai, mentre loro se la cavano sempre. Il mio percorso l’ho fatto tanti anni fa e non odio nessuno ma chi ha sbagliato deve pagare, per intero. In momenti come questo ti chiedi se la giustizia sia sempre dalla parte giusta ma non maledico nessuno, non l’ho fatto mai non l’ho fatto nemmeno al momento dell’uccisione di Emanuele. Ma non perdono, non voglio e non posso farlo".

Il sacrificio di suo marito Emanuele – sovrintendente Polfer di Tuoro sul Trasimeno, ucciso in servizio il 2 marzo del 2003 sul treno Roma-Firenze dai terroristi Mario Galesi e Nadia Lioce – valso la medaglia d’oro al valor civile, è ancora oggi considerato l’atto eroico che ha consentito di smantellare la potente rete creata dai terroristi responsabili degli omicidi dei giuslavoristi Massimo D’Antona (1999) e Marco Biagi (2002). Con la morte di Petri, l’arresto di Lioce e l’uccisione nel conflitto a fuoco di Galesi, si dipanò la matassa delle relazioni, dei documenti e dei covi delle armi: così le indagini imboccarono la via di una rapida svolta che il 24 ottobre del 2003 portò all’ondata di arresti tra cui appunto quello dell’idraulico fiorentino Simone Boccaccini, 64 anni. Per lui la prima sentenza per l’omicidio Biagi risale al 2005.

La Corte d’Assise di Bologna lo condanna all’ergastolo con Nadia Lioce, Roberto Morandi, Marco Mezzasalma, Diana Blefari Melazzi. In appello per Boccaccini la pena si riduce a 21 anni. Per l’omicidio D’Antona, la condanna definitiva è a 5 anni e 8 mesi per associazione sovversiva, mentre è assolto dall’accusa di omicidio. Cinque anni fa Boccaccini chiede una riduzione della pena per continuazione fra le due sentenze, considerate come parte di un unico percorso criminale, lo ottiene per dieci mesi. Da tre giorni è un uomo libero.

"La divisa la indossava Lele, ogni giorno, ma anche noi la sentivamo sulla nostra pelle – le parole della vedova, Cavaliere al merito della Repubblica –. Non sei poliziotto da solo, assieme a te lo sono anche coloro che ti vogliono bene e ti aspettano a casa. Anche quando non torni più".