Latina, 23 giugno 2024 – Cinque di pomeriggio. Sole che assedia facce imperlate. Piazza della Libertà, con la sua pianta razionalista orlata di spigoli e marmi, consegna una proposta incandescente: "Subito una sanatoria di tutti i lavoratori clandestini". Una bonifica del terzo millennio: quella per spazzare via il caporalato. La morte orribile di Satnam Singh, col braccio strappato da una macchina agricola, scaricato davanti casa con l’arto tranciato nella cassetta degli ortaggi (e la moglie implorante aiuto), promuove una reazione imponente.
Dalla sfilata in linee orizzontali di turbanti sikh e pagliette della Flai Cgil, emerge il volto di Singh Amar Jit, 37 anni, in Italia da venti, l’unico in giacca blu: "Giorgia Meloni è una donna forte. Regolarizzi chi lavora in nero. È una situazione che va avanti da anni. I regolari prendono 6 euro l’ora, gli irregolari da 3 a 4", senza contare le tangenti ai caporali. "A questi ragazzi – continua il portavoce del corteo – dico di imparare l’italiano e, se sono trattati male, di andare dai sindacati e dai carabinieri. Satnam era un bravo ragazzo. Non meritava di morire". L’ultima stoccata è per il datore di lavoro accusato di omicidio colposo e omissione di soccorso: "In Italia la sanità è gratis. Perché niente ospedale?"
Singh Boota ha 44 anni e vive al Circeo, dopo la promozione in un cantiere nautico. "Ma sono qui a manifestare lo stesso. Perché chi prende meno di cinque euro l’ora ed è vittima dei caporali fa una vita da schiavo". Continua: "I caporali sono anche indiani, vero, come pure bangla, marocchini o italiani. Non conta la nazionalità. Il lavoro nero può essere fermato solo regolarizzando". Lap Eroot, 48 anni, raccoglie verdure: "Zucchine soprattutto, ma anche rape e insalata. Il lavoro c’è, però le case costano care. Ci sono datori di lavoro in gamba che aiutano, altri che sfruttano. E più sei debole, più sei sfruttato".
Singh Marisin Derpak ha 32 anni, è in Italia da sei anni, è regolare – come quasi tutti i manifestanti che sfilano per i connazionali senza documenti né diritti: "A noi indiani – spiega – non fa paura il lavoro, anche quello più duro. Ma non possiamo stare in sei in una casa e non avere prospettive di ricongiungimento familiare. Non è vita, questa", dice stringendo in mano un appello alla mobilitazione. "Vengo pagato 4 euro all’ora, anche se non sempre mi vengono dati. Non è giusto: se lavori devi essere pagato", confessa invece Jagdeep Singh, clandestino che non parla italiano e si fa tradurre. Anche l’amico-traduttore Kumar racconta ritmi folli: "Lavoro dalle 5 di mattina fino alla sera, 12 o 13 ore al giorno. Guadagno 4 euro e 30, 3,60 o 5,50 all’ora. Non basta per pagare la casa, le tasse e inviare soldi in India".
In piazza ci sono la segretaria del Pd Elly Schlein, il leader di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni e l’ex presidente della Camera Laura Boldrini. Prima di parlare con i giornalisti vogliono ascoltare le voci dal palco, che in realtà è poco più un camioncino ma ha un audio potente. Tante voci di sinistra e quella di destra della sindaca di Latina Matilde Celentano. "Ci metto la faccia", dice l’esponente di FdI. Ma quando aggiunge "la patente di terra di caporali non ci appartiene", si prende una selva di fischi. Il sociologo Marco Omizzolo ricorda: "Qui ci sono datori di lavoro che pretendono di essere chiamati padroni". E rievoca vicende di lavoratori sfamati con "il pasto preparato per cani e maiali". Hardeep Kaur, segretaria del Flai Cgil Frosinone-Latina, vede l’Agro pontino come l’inizio di una riscossa nazionale per azzerare la legge Bossi-Fini: "Basta schiavi. Oggi abbiamo tanti fantasmi, tanti uomini e donne che lavorano nelle campagne in tutta Italia senza diritti", dice prima in italiano poi in punjabi: "Noi siamo al fianco delle aziende sane", contro "il ricatto dei caporali". E sembra il manifesto di un’Italia possibile.