Cacciato da scuola: sospeso per 21 giorni e respinto nonostante il Tar ne avesse disposto il ritorno in classe. Rientro negato anche davanti ai carabinieri che i genitori avevano provveduto, assieme all’avvocato, a chiamare. Protagonista non è un bullo recidivo ma un bimbo di appena sei anni di Ladispoli, cittadina litoranea vicino a Roma, un alunno delle elementari che i certificati dell’ospedale in cui è in cura lo indicano affetto da "un disturbo del deficit con iperattività". Un ragazzino che dovrebbe essere sostenuto nel suo percorso di studi, come certificano i medici curanti. Il ministro dell’Istruzione e del merito Valditara vuole vederci chiaro e capire perché la dirigenza della scuola non ha ottemperato a un decreto della magistratura amministrativa: ora manderà un’ispezione nell’Istituto scolastico che ha negato l’accesso al bambino.
"Nostro figlio deve tornare a scuola come disposto dal Tribunale, il ministro faccia rispettare alla scuola il decreto del Tar, lo faccia per la serenità di nostro figlio di appena sei anni che si vede negato un diritto", l’appello dei genitori del bimbo. La mamma e il papà del piccolo alunno il 26 febbraio si vedono recapitare una pec dalla scuola: "Vostro figlio è allontanato dalla comunità scolastica dal 28 febbraio al 21 marzo". Poche parole e neanche una spiegazione per comunicare una decisione presa dal consiglio d’Istituto di cui neanche i genitori degli altri alunni sanno nulla, anzi qualcuno si mostra dispiaciuto. "Il 28 febbraio deposito subito un ricorso cautelare al Tar", spiega Daniele Leppe, avvocato della famiglia. Nel ricorso si lamenta anche che la sospensione di 21 giorni è illegittima perché "non si è tenuta in alcuna considerazione la patologia di cui soffre il bambino, che è la causa della condotta tenuta in classe, e non è stato rispettato alcun principio di proporzionalità, visto che l’allontanamento scolastico oltre i 15 giorni non è stato preceduto da altra precedente infrazione disciplinare". E si fa notare che l’alunno "non ha mai posto in essere manifestazioni aggressive nei confronti di altri bambini o degli adulti tali da giustificare misure estreme per non porre in pericolo l’altrui incolumità".
Il Tribunale amministrativo del Lazio emette il 1 marzo un decreto cautelare sospendendo il provvedimento e ordinando alla scuola di far rientrare l’alunno". Non solo: i giudici amministrativi ordinano alla scuola "a provvedere ad assegnare al minore un numero di ore di sostegno compatibile con la gravità dell’infermità da cui è affetto". I genitori infatti nel ricorso lamentavano anche che la scuola "non ha ritenuto utile affiancare all’operatore OEPA l’insegnante di sostegno" indicazione che invece veniva espressamente richiesta dall’equipe che ha in cura il bimbo "per permettere la corretta integrazione del bambino alle attività didattiche al gruppo di classe". Ma la scuola non recede neanche davanti al decreto. I genitori lunedì 4 marzo portano il bimbo in Istituto ma la bidella gli sbarra il passo, ‘non si può’.