Cesena, 13 gennaio 2023 - "Va’ che ti va bene anche oggi, eh? Un pieno con questi prezzi… Stai diventando ricco". Il cliente è uno di quelli abituali: mezza età, sguardo sornione e sorriso di circostanza. La battuta la piazza sul finale, al momento di mettere mano alla carta di credito. Jimmy Bracci, 46 anni, che da 26 anni trascorre 52 ore alla settimana al distributore di carburante, abbozza e nicchia: "Mi spiace, non dipende da me. Non sono io a fare i prezzi". Sta diventando una frase da ripetitore automatico, da sfoderare ogni volta che qualcuno si lamenta degli ennesimi aumenti di benzina e gasolio. E le volte sono tante. A partire dalla mattina presto, quando anche a Cesenatico, col mare a due passi, il sole vuole farsi attendere, lasciando ampio spazio al freddo che quello sì, c’è sempre. Jimmy Bracci al lavoro arriva in anticipo, perché la prima ora abbondante è una questione tra lui e la burocrazia. Cifre, date, registri. E guai a sbagliare un importo, che il rischio di prendersi una multa è dietro l’angolo.
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"Ogni sera – racconta – verso le 22.30 ricevo un messaggio dalla compagnia che mi informa su quali prezzi dovrò applicare il giorno seguente. Io non ho margine di manovra, se non per mezzo centesimo o un centesimo e mezzo rispettivamente nel self service e nel servito. Briciole davanti agli aumenti di 20 centesimi scattati a inizio anno, che ovviamente non finiscono in tasca a me".
C’è un foglio, con sopra stampata una banconota segmentata. È firmata Confcommercio. Su ogni rifornimento effettuato, il 57,42% sono accise e Iva, il 33,24% è il costo del prodotto, il 7,41% è il ricavo lordo industriale e quello che resta è il profitto per il gestore. "Ecco la calcolatrice – Bracci mette mano al banco - : resta l’1,9%, che tradotto in cifre significa un guadagno di 3 centesimi e mezzo, massimo 4, per ogni litro venduto. Sono dati di fatto, non luoghi comuni. Se in un anno vendo un milione di litri, guadagno 35.000 euro lordi. Ai quali sono ovviamente da togliere i costi di gestione e le bollette".
Il mare d’inverno è l’ideale per le canzoni, meno per lavorare nove ore e mezza all’aperto. E i segni si vedono, dalle mani al bordo degli occhi, dove il vento si diverte di più. Passa un’auto, rallenta, prosegue. "I prezzi li guardano tutti. E fanno la differenza. Chi metteva venti euro, ora è sceso a cinque. Mi dispiace, perché hanno ragione i politici che dicono che lavorare non può essere un lusso alla portata di chi può spendere chissà quanto in rifornimento. E soprattutto mi dispiace perché sulla stessa barca dei miei clienti ci sono anche io".
Nel frattempo il telefono suona e le auto si susseguono. C’è chi prende appuntamento per il lavaggio, chi chiede di controllare l’auto. "Circa il 40% dei clienti sceglie il rifornimento servito. La compagnia punta sulla qualità e auspica all’incirca il pareggio tra i due settori, ma non è semplice, perché ci sono una ventina di centesimi di differenza, che tradotti su un pieno possono valere una decina di euro". A metà pomeriggio il flusso delle auto cala sensibilmente. "Andarsene a casa prima in ogni caso non è un’opzione, perché il servizio bisogna continuare a offrirlo, sempre e comunque. Per arrivare ad almeno 52 ore settimanali". Ora è buio, è freddo e sulla strada luccicano i neon dei prezzi: diesel a 1.86 euro, benzina 1.80. "Molti non si sono nemmeno accorti che il Governo ha tolto gli sconti sulle accise. Si limitano a pensare che queste cifre le abbia messe lì io. Lo sciopero? Sono pronto ad aderire. Perché non è giusto prendersela con me e i miei colleghi".