Roma, 12 luglio 2024 – "Il morbillo è tornato ad essere un problema nel nostro Paese: i numeri continuano a dimostrarlo. Da maggio a giugno sono cresciuti i casi e questo evidenzia che è probabile che non si fermerà e continuerà a crescere con un migliaio di casi entro fine anno. Ma è la punta dell'iceberg perché ci sono tante diagnosi di morbillo non fatte, casi che sono scambiati per altre patologie. Siamo tornati nel 2024 ad avere a che fare con il morbillo, oltre 700 casi quest'anno vuol dire un aumento di oltre 10-15 volte rispetto al 2023".
Così Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell'ospedale policlinico San Martino di Genova, commenta i dati del bollettino sul morbillo dell'Iss che ha registrato 717 casi nei primi 6 mesi del 2024, con un aumento dei contagi da maggio (131) a giugno (151).
Nell'aumento dei casi di morbillo in Italia, "c'è sicuramente un aspetto da considerare ovvero che i vaccini sono vittime del loro successo. Vuol dire che l'incidenza di morbillo era calata molto dopo le immunizzazioni, le persone hanno pensato non ci fosse più e non hanno vaccinato i figli. Intatti l'incidenza più alta, 80 casi per milione di abitanti - molto elevata - la troviamo tra 0-4 anni e riappare la malattia. Poi la curva si riabbassa e riprende tra 16-39 anni, probabilmente sono i genitori e i fratelli della fascia 0-4 anni. Quindi? La vaccinazione è necessaria e non dobbiamo mai abbassare la guardia, ogni virus non controllato riprende il via". Lo spiega invece l'epidemiologo Massimo Ciccozzi.
"La maggioranza sono soggetti non vaccinati e questo vuol dire che c'è qualcosa che non funziona nel nostro Paese, perché nonostante l'obbligo vaccinale alcune regioni non hanno raggiunto il 95% della copertura – evidenzia Bassetti –. Allora nonostante l'obbligo ci sono persone che non vaccinano i figli e preferiscono pagare la sanzione. Quindi il problema non è che togliendo l'obbligo e mettendo una raccomandazione si risolve il problema ma inasprendo invece la legge si può migliorare la copertura. La salute dei bambini – conclude – deve essere tutelata non dall'intelligenza più o meno alta di un genitore ma da un grande sistema sanitario nazionale".