Martedì 3 Dicembre 2024
DORIANO RABOTTI
Cronaca

Baldini, nato per correre: "Vinsi la Maratona ad Atene. E festeggiai con vino e salame"

A vent’anni dall’oro olimpico nella gara simbolo: quella cena a notte fonda "Il tempo? Toglievo sempre l’orologio, ma quel giorno mi rimase al polso".

Baldini, nato per correre: "Vinsi la Maratona ad Atene. E festeggiai con vino e salame"

Stefano Baldini sul traguardo di Atene: all’epoca aveva 33 anni. Ligabue inserì quest’immagine nel videoclip “Buonanotte all’Italia“

Roma, 3 novembre 2024 – Quel giorno di vent’anni fa il suo orologio era in punto con la storia, ma Stefano Baldini non si è fermato a una foto iconica, quella che lo immortala mentre taglia per primo il traguardo della maratona di Atene nei Giochi del 2004. ’La’ maratona per eccellenza, sul percorso del messaggero Fidippide, incaricato di portare nella capitale la notizia della vittoria nella battaglia contro i persiani nel 409 a.c.

Baldini non si è fermato a quel 29 agosto del 2004 perché nel suo dna c’è la forza di una terra "che non ti fa mai stare fermo. E infatti a 53 anni ho mille progetti e mille idee".

Baldini, ce ne racconti qualcuna, di queste idee.

"Nascere e crescere nella Bassa di Reggio Emilia è stato un grande vantaggio. Quando ho smesso sognavo di produrre vino, vengo da una famiglia di agricoltori che ha sempre prodotto latte per il Parmigiano Reggiano. Ma è passato il tempo, è tardi per piantare una vigna da zero. Così, visto che è difficilissimo per i ragazzi trovare un appartamento, con mia moglie abbiamo acquistato una piccola palazzina a Rubiera con sei appartamenti, diventerà la casa degli atleti. Oggi alleno più di 20 ragazzi, alcuni della nazionale".

Lei ha sempre raccontato con orgoglio le sue radici.

"Sono nato a Castelnovo di Sotto, cresciuto a Rubiera: sono una persona fortunata perché questa terra e le sue persone mi hanno dato tanto, mi sembra giusto restituire. Anche all’atletica: fare l’allenatore non ti arricchisce economicamente, ma è un’esperienza impagabile per il rapporto che hai con i ragazzi".

Parla di gruppo, ma il suo era ed è uno sport individuale.

"Perché ci credo tantissimo. Io so che il fattore comunità aiuta tutti a migliorarsi. Ci dà una mano quando siamo in difficoltà e ci permette di aiutare gli altri quando hanno bisogno di noi. Ho avuto due allenatori, Emilio Benati mi ha fatto crescere e dopo aver pronosticato la mia vittoria alle Olimpiadi mentre guardavamo Bordin a Seul nel 1988, ha fatto il mio bene ’lasciandomi andare’ per passare sotto la guida del prof Luciano Gigliotti, maestro non solo di sport".

Neanche in gara era da solo?

"No, tutte le persone che mi avevano aiutato ad essere pronto alla partenza erano lì con me. Ricordo il sorriso di mia sorella, lei ci sperava quasi più di me, e in quel momento sentii la responsabilità anche per gli altri. Ricordo anche l’orologio che mi rimase al polso, me ne accorsi quando era troppo tardi e tutti i miei erano già andati verso l’arrivo. Non lo volevo per non guardare il tempo".

Mattarella ha voluto premiare anche gli atleti arrivati quarti. A lei quante volte è capitato?

"Una sola, ed ero arrabbiatissimo. Ma il concetto è giusto: soprattutto alle Olimpiadi, basta veramente pochissimo per fare la differenza. Pensate a Jacobs che aveva vinto a Tokyo e a Parigi è arrivato quinto in 9“85, il podio era a pochi centimetri".

Quindi dobbiamo imparare ad accettare la sconfitta?

"Lo sport è molto crudo, serve ai ragazzi per imparare a vincere, ma soprattutto a prenderle: quello è un momento molto più formativo della vittoria. I giovani che hanno fatto sport, a qualsiasi livello, poi nella vita hanno una marcia in più perché sanno affrontare gli ostacoli".

A che cosa si pensa quando si corre per oltre 42 chilometri?

"In realtà dobbiamo stare sempre concentrati, passiamo su strade che hanno tombini, buche e ostacoli, non ti puoi distrarre un attimo. Ma la prima parte è dedicata a non sprecare troppe calorie, ne servono tra le 2.000 e le 2.400 per fare una maratona. Nell’ultima mezz’ora invece si fa sul serio".

Lei non ha mai demonizzato qualche sgarro a tavola.

"Qualsiasi nutrizionista sa che la gratificazione fa parte di una dieta. Poi se sei cresciuto come me in campagna tra gli anni ’70-80, hai mangiato molto bene e a chilometri zero quando ancora non si diceva così. E c’erano meno intolleranze".

Anche i giovani sono diversi.

"Completamente, è diverso il mondo. Noi eravamo un po’ più selvatici, oggi i ragazzi hanno opportunità invidiabili. Dopo le superiori mi sarebbe piaciuto fare l’università, ma ho dovuto scegliere. Oggi possono fare sport e studiare, con le tecnologie a disposizione. Le avessi avute io, avrei preso due lauree. D’altra parte chi insegna oggi deve farlo di fronte a giovani che sanno un sacco di cose".

Baldini, che cosa si prova dopo aver vinto la maratona più importante nella storia delle Olimpiadi?

"Io all’arrivo pensai: ma allora è proprio vero. A 33 anni credevo che il meglio fosse ormai passato, e invece era come nella canzone di Ligabue, che poi avrebbe messo il mio arrivo nel video di ’Buonanotte all’Italia’, l’ho ringraziato per questo. Poi avrei voluto che quel momento non finisse mai, ma mi portarono via. Ci misi due ore all’antidoping e quando io e Gigliotti arrivammo a casa Italia con una fame pazzesca, avevano già inscatolato tutto. Rompemmo gli scatoloni e cenammo con un salame, un pezzo di formaggio e una bottiglia di Dolcetto d’Alba".

Ecco perché voleva farsi il vino da solo...