Roma, 25 novembre 2024 – Influenza aviaria, qual è il rischio in Italia? Lo abbiamo chiesto a Calogero Terregino, direttore del laboratorio di referenza europeo sul virus, attività che fa capo all’Istituto Zooprofilattico delle Venezie.
La storia per punti
Aviaria, i controlli in Italia
"In Italia il virus è presente da settembre a gennaio – chiarisce Terregino -. In questo momento, abbiamo oltre 50 casi tra pollame e uccelli selvatici. I casi nel pollame sono intercettati facilmente, gli animali muoiono a centinaia nel giro di pochissime ore”. L’infettivologo Matteo Bassetti dichiara: il virus va cercato. “Bisogna distinguere – risponde il direttore Terregino -. Abbiamo un rischio medio-alto legato alle persone esposte, che vivono a contatto con animali infetti o potenzialmente tali”.
L’ultima circolare del ministero della Salute
“Anche per questo – ricorda il direttore del Centro di referenza europea – il ministero ha diffuso una nuova circolare, in particolare dopo i casi in Canada e Stati Uniti. Si è ribadito che gli ospedali devono monitorare, va prestata soprattutto attenzione a certe situazioni, ad esempio se la persona vive in un contesto a rischio, ha un allevamento o gestisce un centro di recupero di animali selvatici. Comunque le forme respiratorie, soprattutto in questa stagione, sono sempre sottoposte a screening, ed è previsto di verificare se sono causati da virus influenzali di origine animale. Oggi c’è sicuramente una sensibilità molto maggiore”.
A questo link dello Zooprofilattico Venezie le info sull’aviaria
L’importanza della comunicazione
Secondo il direttore Terregino, c’è sicuramente da lavorare sulla comunicazione, per far arrivare il messaggio a tutti. Spesso, infatti, molte regioni non coinvolte dall’aviaria restano all’oscuro di quel che succede. Su questo c’è sicuramente lavoro da fare, ma il sistema mi pare migliorato rispetto agli anni passati”.
Il controllo negli allevamenti
Bassetti raccomanda di copiare gli Stati Uniti, che controllano gli allevamenti. “Ma la situazione negli Usa è completamente diversa – replica Terregino -. Là il virus circola nei mammiferi, nei bovini, in modo non ancora del tutto chiaro, sicuramente ci sono casi che non sono stati ancora identificati. Quindi il rischio per l’uomo è molto più alto. Nei bovini, inoltre, il virus può circolare per giorni, prima che gli animali manifestino chiari sintomi, come il calo nella produzione di latte”. Precisa l’esperto: “In Italia il controllo sistematico su allevamenti di bovini non si fa. Scatta solo nel caso di connessioni epidemiologiche con focolai negli uccelli”.
Aviaria, la situazione nel mondo
Il virus dell’aviaria, riassume Terregino, “ha colonizzato il mondo, Antartide compresa, manca solo in Australia. Ha una grandissima diffusione e ha dimostrato un grandissimo potere di riassortimento. Dal 2021 come Centro di referenza europeo abbiamo identificato ben 100 genotipi diversi”.
Cosa ci deve preoccupare
"Negli Usa – è l’analisi del direttore – la situazione è preoccupante perché il virus circola in un mammifero, non più negli uccelli selvatici. Non è una novità che faccia il salto di specie. Ma una cosa è se infetta un leone marino, un’altra se circola negli animali come le mucche, che hanno un contatto strettissimo con l’uomo”.
“Stiamo prendendo la situazione sottogamba”
La conclusione di Terregino è che “stiamo prendendo la situazione sottogamba. Mi riferisco in particolare agli Stati Uniti. Mi aspettavo che un paese con queste capacità e conoscenze scientifiche avrebbe, diciamo, preso il toro per le corna cercando di eradicare velocemente la malattia. Ma questo non è ancora avvenuto”.