Roma, 8 settembre 2017 - Le multe per eccesso di velocità in autostrada sono crollate. E proprio nel periodo più caldo, esodo e controesodo, addirittura con il traffico in aumento. Meno 35%, arrotondando: erano 132.921 tra 1° luglio e 4 settembre del 2016, sono scese a 86.843 negli stessi giorni di quest’anno (i dati si riferiscono all’attività di polizia e carabinieri). Al contrario, aumentano sulla viabilità ordinaria: da 26.399 sono diventate 32.702. In generale, le infrazioni all’articolo 142 diminuiscono più o meno di un terzo: da 159.320 a 119.545, quasi 40mila in meno.
Se chiedi a un poliziotto come si spieghi il miracolo, soprattutto quello del tutor – occhio implacabile che vigila sui nostri viaggi in autostrada – ti risponde che «no, non sono stati spenti. Piuttosto la gente ha capito, conviene andare piano e non pagare». Però, guarda caso, il nuovo corso virtuoso coincide con la rivoluzione Delrio-Minniti, avvenuta in due tempi. A giugno il ministro delle Infrastrutture ha recepito la sentenza della Corte costituzionale dell’aprile 2015 che stabilisce: «Tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e taratura». Il 7 agosto il collega degli Interni ha diramato una circolare che entra nei dettagli e fissa anche le distanze minime tra segnali e postazioni di controllo. Anche per questo salutata con grande slancio da chi immagina che finiranno così gli agguati con gli autovelox. Insomma il regolamento, sacrosanto, mette pari Stato e cittadini: entrambi devono rispettare la legge.
Nel frattempo, appellandosi alla sentenza della Corte costituzionale, migliaia di automobilisti sprint hanno vinto i ricorsi davanti al giudice di pace pur avendo torto. Quasi sempre perché lo Stato non presentava la prova delle verifiche ormai obbligatorie. E come mai? Lasciava correre perché le cause sono comunque un’inezia sul totale delle multe o perché non aveva proprio le carte? Nessuno lo sa. Restando ai fatti. Accredia di Torino – unica autorità nazionale che abilita chi può fare i controlli – fino a marzo non si occupava di tutor. In quel periodo è stato accreditato il primo laboratorio, il secondo a luglio (in tutto a fare i test sono in tre e si occupano anche di autovelox). Spiega Rosalba Mugno, ingegnere che dirige il settore: «L’obbligo di taratura sotto accreditamento per gli strumenti di velocità media è stato introdotto con il decreto Delrio. Prima era un concetto... sfumato. Gli strumenti erano tarati con una procedura proprietaria del gestore; in accreditamento si faceva solo la verifica sul tempo ma non sulla distanza. Adesso è chiaro come dev’essere». In Italia sono 333 le postazioni tutor disseminate su 3.100 chilometri di autostrada. S’immagina una certa coda per le verifiche. Ma per gli strumenti già in funzione c’è ancora tempo: se ne riparlerà tra un annetto.