Roma, 18 ottobre 2020 - Multe da autovelox e ricorsi? E' una babele di sentenze. Tra le ultime: a Treviso un giudice di pace ha dato ragione a un automobilista per "mancanza di regolare omologazione" del rilevatore di velocità, richiesta invece "dall'articolo 142 comma 6 del codice della strada". Insufficiente, ha stabilito la sentenza, il solo decreto dirigenziale "che si limita ad approvare l'esemplare dell'apparecchio utilizzato per il rilievo delle infrazioni" ed è rilasciata sulla base dei requisiti tecnici dichiarati dal costruttore. "Non può più accogliersi - scrive Luigi Rizzo - l'interpretazione di parte opposta che vorrebbe che i termini di approvazione ed omologazione siano da considerarsi sinonimi". Principio fissato anche il 18 giugno 2015 dalla sentenza 113 della Corte Costituzionale sull'obbligo di taratura periodica. Pochi giorni dopo ad Alessandria la Corte d'Appello è arrivata alla conclusione opposta. Stefano Moltrasio, magistrato del tribunale piemontese, ha ribaltato il verdetto di un giudice di pace. Così la sanzione annullata è tornata valida. Perché l'autovelox era sorvegliato da un agente della polizia locale. "L'interpretazione della normativa porta a ritenere che in presenza dell'omologazione le risultanze fanno piena prova circa il superamento dei limiti, mentre in caso di approvazione sarà necessaria la presenza di personale di polizia che attesti l'infrazione", scrive il magistrato ordinario. A Treviso, invece, l'infrazione era stata rilevata da un apparecchio fisso, Red&Speed Evo.
Il parere dell'Asaps
Giordano Biserni, presidente dell'associazione amici della polizia stradale - prossima ai 30 anni di vita -, riconosce: "La mancanza di chiarezza nella normativa è un problema, perché nell'incertezza sguazzano i professionisti dei ricorsi seriali ma anche quelli che umiliano chi rappresenta la legge. Serve una circolare che chiarisca cos'è sufficiente, se l'approvazione o l'omologazione. Lo ripeto sempre, a un uso forse esagerato di questi rilevatori di velocità, si è innescato un meccanismo reattivo. Quante sono ormai le associazioni che tutelano i cittadini per i ricorsi... Questo vale per l'autovelox ma soprattutto per l'etilometro. Le battaglie che abbiamo sostenuto nei primi anni Duemila hanno dato i loro risultati: siamo passati dai 917 morti del 2001 a meno di 300 nel 2019, nelle due notti del fine settimana. Questo grazie agli etilometri e a norme più severe, compresa la confisca dell'auto. Dopo, è cominciato l'attacco agli strumenti. In rete ci sono manuali su come farla franca dopo aver bevuto. I primi a buttare la spugna sono gli appartenenti alle forze dell'ordine. C'è una sequenza di scuse che non finisce più. Ho usato il colluttorio, mia moglie ha una lavanderia e ho assunto i vapori, soffro di enfisema polmonare... La mia conclusione è che per la sicurezza stradale in questo momento non è aria".
Il perito-inventore
Il perito e consulente veneto Giorgio Marcon è invece convinto che l'etilometro abbia i "suoi lati oscuri", e a quello ha dedicato un libro. Insistendo sempre sullo stesso "peccato originale", l'omologazione o certificazione di qualità, "una procedura che dev'essere prevista da un decreto ministeriale ad oggi mai arrivato". Lo stesso principio ispira la battaglia sugli autovelox. Marcon è il perito dell'avvocato che ha presentato ricorso a Treviso e ha vinto. Ribadisce: "La sentenza di Alessandria non è in contraddizione. Se è presente la pattuglia per il rilevatore di velocità basta l'approvazione. Mentre l'omologazione presuppone verifiche tecniche, la macchina deve corrispondere alle normative nazionali e internazionali e alle caratteristiche denunciate dalla casa costruttrice. Invece al livello più basso, bastano le verifiche documentali. Perché la presenza della pattuglia fa la differenza? E' una garanzia di verifica ad occhio nudo. No non è superficiale anche perché gli operatori devono annotare le motivazioni sul verbale".