Roma, 7 marzo 2018 - Non basta che gli autovelox siano tarati almeno una volta all’anno, perché le contravvenzioni siano valide. Quelle informazioni devono anche essere scritte nella multa. "Solo a condizione che vi sia espressa indicazione nel verbale dell’avvenuto adempimento, il rilevamento può presumersi affidabile, con conseguente onere dell’opponente di contestare la cattiva fabbricazione, installazione e/o funzionamento del dispositivo". Lo stabilisce la Cassazione nell’ordinanza 5227/18 del 6 marzo. Per Luigi Vingiani, avvocato, giudice di pace a Napoli e segretario nazionale della Confederazione, questo significa che "se non c’è quell’indicazione, le multe sono da considerarsi nulle. Chiaro che la sentenza non è legge. Però rappresenta un orientamento della Suprema Corte a cui i giudici devono attenersi".
Ma basta una frase generica sul dispositivo "sottoposto a verifica periodica di taratura e funzionalità"? Per Vingiani no. "Indicare la taratura senza la data sarebbe inutile – osserva –, il cittadino non avrebbe la possibilità di sapere quando è stata svolta la verifica, se l’obbligo è stato rispettato davvero".
Un avvocato bolognese rincara: "Anzi, un riferimento senza data è proprio fuorviante. Induce l’automobilista a credere che sia tutto in regola e ad escludere a priori di presentare ricorso".
Parliamo di strumenti utili alla sicurezza stradale ma proprio per questo, è il ragionamento, devono funzionare in modo corretto. Vingiani riepiloga la storia degli ultimi tre anni che di fatto ha modificato il codice della strada. "Lì non si prevedeva l’obbligo di taratura periodica degli strumenti usati per accertare i limiti di velocità - ricorda -. La Corte Costituzionale nel 2015 ha introdotto la misura, quella sentenza ha stabilito che la verifica doveva essere al massimo annuale. Questo ha modificato il codice della strada e gli accertamenti. La pubblica amministrazione e le prefetture sostenevano fino a qualche mese fa che quest’obbligo non era necessario. Ma intanto i verbali venivano annullati con i ricorsi ai giudici di pace". Poi i ministeri dei Trasporti e dell'Interno hanno recepito le nuove regole, nel 2017. Quindi si è aperto un altro problema: chi doveva portare la prova sulla taratura? "Il cittadino doveva fare un’istanza di accesso agli atti - esemplifica il giudice di pace -, ma nel frattempo potevano scadere i trenta giorni validi per presentare il ricorso". Con l'ordinanza del 6 marzo la Cassazione si è pronunciata sul ricorso presentato ormai diversi anni fa da un avvocato romano contro la prefettura di Ancona. Nel 2013 il tribunale marchigiano aveva accolto l’appello del ministero contro la sentenza di un giudice di pace, a Fabriano, che aveva dato ragione all'automobilista.