Brescia – Ieri in questura a Brescia "mi sono sentita molto spaesata, con le spalle al muro, quasi paralizzata", ma nonostante questo quando mi hanno chiesto "di abbassarmi i pantaloni e fare i piegamenti sulle ginocchia, mi sono rifiutata. E sono molto felice di averlo fatto, perché se lo avessi fatto sarebbe stato emotivamente e psicologicamente molto più pesante". Lo racconta Val' (questo lo pseudonimo da attivista con cui vuole essere nominata), la 25enne di Extinction Rebellion, protagonista del video con cui il movimento ambientalista ha denunciato sui social quanto accaduto ieri a Brescia. Sarebbero sette - a quanto riferiscono le stesse attiviste - le ragazze a cui è stato chiesto di spogliarsi e fare piegamenti sulle ginocchia. Perquisizioni che sarebbero comunque avvenute - come loro stesse assicurano - in stanze separate, alla presenza di sole agenti donne. "Quando sono entrata, mi hanno chiesto di togliermi i vestiti. Ho chiesto il motivo e mi hanno risposto che si trattava della loro normale procedura di perquisizione, che in qualsiasi caso dovevo farlo e che se mi fossi rifiutata, lo avrebbero fatto loro", racconta Val. "Ero molto spaesata - aggiunge - perché non è una procedura a cui normalmente le attiviste e gli attivisti di Xr vengono sottoposti quando arrivano in questura". La 25enne - racconta - ha tolto le scarpe, il maglione e mostrato cosa aveva sotto i pantaloni. Poi "volevano che mi abbassassi le mutande e facessi i piegamenti. Io sono rimasta quasi paralizzata e ho detto 'no, non voglio'. Hanno un po' insistito, ma alla fine hanno lasciato perdere", riferisce Val.
Altre compagne invece avrebbero completato la procedura, anche perché - osserva - "rifiutarsi non è stato semplice: ero lì da sola, con davanti persone con il coltello dalla parte del manico, senza contatti con l'esterno, senza telefono, senza poter parlare con nessuno, neanche un avvocato. Mi sono sentita con le spalle al muro", però ora "sono molto felice di essere riuscita a rifiutarmi di fare la parte più degradante e umiliante, perché se avessi accettato sarebbe stato emotivamente e psicologicamente molto più pesante".
Nessuna volontà di smettere con le azioni di protesta, dopo quello che è successo ieri in questura a Brescia. "Non provo paura, ma rabbia per la repressione subita. Questo non mi fermerà, anzi, mi dimostra che a maggior ragione bisogna fare qualcosa a riguardo, perché non è possibile subire questo trattamento per una protesta non violenta contro un genocidio".
Ora la 25enne e alcune delle compagne perquisite vorrebbero confrontarsi con un legale, "capire se effettivamente è una procedura standard, se c'erano dei motivi per cui effettivamente le agenti erano legittimate a fare così" e se così non fosse "è emersa la volontà di denunciare l'accaduto".