Mercoledì 2 Ottobre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Cronaca

Attacco informatico alle istituzioni, nel pc dell’hacker milioni di file: "Sistemi di sicurezza colabrodo"

Il legale del giovane ingegnere finito in carcere: non ha nessun legame con mafia e terrorismo. Il procuratore Gratteri: "Tempi lunghi per l’inchiesta". L’esperto digitale: pubblica amministrazione fragile

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Carmelo Miano, l’hacker di 23 anni che è riuscito a bucare il ministero della Giustizia

Roma, 6 ottobre 2024 – "Il problema non è tanto quello che il mio assistito ha fatto, hackerando dei server, cosa che ha ammesso, ma il fatto che lo abbia potuto fare: questo ragazzo, laureato in informatica a pieni voti, che è di buona famiglia e per fortuna non ha nessun legame con mafia e terrorismo, ha messo a nudo che i sistemi del Ministero della Giustizia e della Guardia di Finanza sono facilmente permeabili. Avrà certo le sanzioni che merita, i reati ci sono, ma il problema vero è che i sistemi informatici in questione sembrano assomigliare a un colabrodo". Cosi l’avvocato Gioacchino Genchi, legale di Carmelo Miano, il giovane di Gela domiciliato a Roma sul quale pendeva un procedimento per riciclaggio di bitcoin, arrestato nei giorni scorsi dalla Polizia Postale nell’ambito d’indagini coordinate dalla procura di Napoli.

Non saranno brevi i tempi dell’inchiesta. A dirlo esplicitamente è il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri: "Abbiamo ottenuto risultati importanti. Ci sono milioni di file audio e video, milioni di documenti e quindi l’indagine sarà lunga". Dopo l’interrogatorio di garanzia di venerdì è attesa ora la decisione del gip. L’hacker ha ammesso gli accessi abusivi. Lo avrebbe fatto, ha sottolineato, da solo, senza mandato di alcuno e senza, a suo giudizio, provocare alcun danno. Un’attività la sua che, tiene a rilevare il legale Genchi, ha messo in evidenza la fragilità dei sistemi informatici violati.

"Il mio assistito – spiega – ha ammesso le sue responsabilità, ampliando anche l’arco temporale nel quale le ha eseguite: ha spiegato che le sue attività sono state finalizzate esclusivamente ad acquisire informazioni sul procedimento a suo carico. Per questo e solo per questo, senza danneggiare i sistemi, ha acquisito milioni di file. Ha agito da solo e non c’è stata un’acquisizione massiva finalizzata a divulgare o cedere ad altri i documenti. Ma comunque un ragazzo di 23 anni ha messo sotto scacco, con estrema facilità, sistemi delicatissimi. E se invece di lui a compiere l’hackeraggio fosse stato un mafioso o un terrorista?"

Nel lavoro degli investigatori figura anche la verifica di eventuali contatti con presunti esponenti dei servizi. Sul punto Genchi si limita a ribadire che questo aspetto sarà oggetto di prossimi interrogatori. Nel frattempo l’avvocato ha presentato un’istanza al Riesame di Napoli per chiedere l’attenuazione della misura cautelare del carcere, chiedendo i domiciliari. "In relazione agli accessi, ammessi da Miano, alle caselle di posta elettronica di alcuni magistrati inquirenti – spiega inoltre l’avvocato Genchi – ritengo vi sia l’incompetenza funzionale delle procure della Repubblica di Napoli e di Roma, e ho chiesto il trasferimento alla procura di Perugia".

Ma come è potuto succedere? "Purtroppo – osserva Gian Andrea Farina, presidente di Itway, gruppo che dal 1996 si occupa di cybersecurity – la Pubblica amministrazione è molto arretrata in tema di processi e procedure per la messa in sicurezza dei sistemi informativi. C’è una generazione digitale che per poche decine di euro può trovare sul deep web strumenti per condurre degli attacchi informatici, magari per il gusto di farlo, ma anche per carpire segreti industriali o altro. Un gigantesco passo in avanti, è stato fatto con la costituzione del’Agenzia per la cybersecurity nazionale che sta facendo il suo mestiere, ma la strada è ancora lunga. Eravamo tra gli ultimi Paesi sviluppati a non essere dotati di una agenzia. Ora bisogna recuperare".