Soncino (Cremona) – «Mio padre è in ospedale a Porto Ghalib e lo dimetteranno domani. È sotto terapia antibiotica e deve essere controllato dai medici. Nel complesso direi che sta bene, ed è quello che conta davvero dopo quello che ha vissuto». A parlare è Cristina Fappani, la figlia di Peppino, l’odontotecnico di 69 anni di Soncino che domenica mattina ha cercato di salvare la vita a Gianluca Di Gioia, 48 anni, funzionario romano di stanza in Francia, sbranato da uno squalo a Marsa Alam, in Egitto, mentre nuotava in mare. Anche Peppino è stato azzannato dall’animale, che lo ha ferito alle gambe e a un braccio ma in maniera fortunatamente non grave. Un episodio su cui la magistratura egiziana ha aperto un fascicolo, e presto anche quella romana potrebbe fare altrettanto.
Cristina, è riuscita a parlare con suo padre dopo quanto accaduto?
«Sì, ma sono riuscita solo oggi (ieri, ndr): mi ha detto che sta bene e aspetta di tornare a casa, anche se non sa ancora dire quando. I miei genitori sono arrivati in Egitto a Natale e avrebbero dovuto tornare a casa giovedì, ma adesso non sappiamo ancora di preciso sino a quando si protrarrà il loro soggiorno».
Le ha raccontato che cosa è successo?
«Sì, mia mamma, Laura Valcarenghi, insegnante a Orzinuovi, mi ha chiamato poco dopo le 9 di domenica per avvertirmi che papà era stato ferito da uno squalo, ma che non era grave. Mi ha anche riferito che un altro italiano era morto e che a breve avrei sentito la notizia sui telegiornali, ma di non preoccuparmi perché papà stava bene. Mi ha spiegato che l’incidente è avvenuto verso le nove: mia mamma era in spiaggia e mio papà si era portato verso la barriera corallina per immergersi e fare snorkeling. Era solo come sempre. Improvvisamente ha sentito gridare e ha visto Di Gioia in difficoltà e gli è andato incontro per aiutarlo. Pensava fosse stato colto da un malore: non aveva la minima idea che Di Gioia fosse sotto attaccato di uno squalo, tant’è vero che quando è arrivato non ha fatto in tempo a rendersi conto di cosa stesse succedendo che si è sentito prendere a una gamba, improvvisamente, senza alcun preavviso. A quel punto ha capito la situazione e ha iniziato a lottare: se avesse avuto anche solo la sensazione della presenza del predatore sarebbe tornato alla spiaggia e avrebbe avvisato i soccorritori, di certo non si sarebbe avvicinato senza alcuna precauzione».
Come è riuscito a cavarsela?
«Lo squalo lo ha aggredito alle due gambe e a un braccio, ma per fortuna senza procurargli ferite gravi. Sul posto sono poi subito arrivati i soccorritori egiziani che erano sulla spiaggia e lo squalo forse per il trambusto se ne è andato: mi ha detto che i soccorritori sono stati rapidi e molto professionali. Di Gioia e mio padre sono stati portati a riva e poi in ospedale, dove però il funzionario è giunto cadavere».
Suo padre conosceva Gianluca Di Gioia?
«No, durante la vacanza non si erano mai incontrati prima».
Però ha cercato comunque di difenderlo.
«Sì, lo ha fatto: ha cercato in quei terribili momenti a più riprese di allontanare lo squalo da sé e da Di Gioia, ma per lui purtroppo non è bastato». Anche per questo il sindaco di Soncino, Gabriele Gallina, lo ha già definito «un eroe».