Bologna, 5 febbraio 2020 - Ricade drammaticamente sulle famiglie non solo la fatica, ma anche quasi metà dei costi per l’assistenza socio sanitaria degli anziani non autosufficienti. Lo rivelano le statistiche dell’Auser. Claudio Falasca, architetto e ricercatore, parte dai numeri e spiega: "Nel 2017 abbiamo speso 31 miliardi: 16 e mezzo a carico dello Stato, gli altri coperti dai parenti. Altri 560 milioni sono stati garantiti dal welfare aziendale". Ma se gli anziani con disabilità funzionali – in altre parole quelli che non sono in grado di svolgere le normali attività quotidiane, dal mangiare al lavarsi – sono 2,6 milioni (Istat 2016), non raggiungono i 138mila quelli che beneficiano dell’assistenza domiciliare socioassistenziale (ad esempio gli aiuti sull’igiene personale), con 332 milioni di spesa totale, 2.400 euro a testa. Vuol dire sei euro e mezzo al giorno. Il valore di un buono pasto. Peggio. Se andiamo a verificare i numeri del sostegno vero, quello integrato con i servizi sanitari (Adi), le statistiche lasciano basiti. I privilegiati sono appena 70.867, 105 milioni la spesa totale e 1.490 quella pro capite: 4 euro al giorno. E sono solo 3.200 Comuni su 8mila a garantire il servizio, 4 su dieci. Spiega Falasca: "Vero, i numeri si riferiscono al 2015. Ma il problema è che non ne esistono di più aggiornati. Non solo: ognuno ha i propri".
Una babele, l’ha giustamente definita ‘Italia longeva’, la rete nazionale sull’invecchiamento e la longevità attiva. "Dotazione di servizi comica, toccano solo a tre su 100", ha tuonato il presidente Roberto Bernabei nel definire l’assistenza a domicilio. In media 20 ore all’anno a testa, quello che in altri Paesi è concentrato in un mese solo. E con "una forte disomogeneità dell’offerta – che non segue in maniera chiara un gradiente Nord-Sud –, talvolta anche all’interno di una stessa regione". Una grande emergenza nazionale, da nord a sud, nel secondo paese più vecchio al mondo dopo il Giappone, con quasi 14 milioni di anziani (22% della popolazione, Istat 2019). Una famiglia che decida di fare una scelta controcorrente e di attrezzarsi per le cure a casa, a qualunque latitudine deve affrontare una traversata del deserto. "Invece di garantire l’assistenza si monetizza il servizio – alza le braccia Falasca –. Non è un caso che una delle richieste più insistenti del sindacato pensionati sia quello del piano per la non autosufficienza. Consente almeno di prevedere finanziamenti adeguati e pluriennali. Che ci permettano di impostare politiche vere. Invece ogni anno viene stanziata una cifra, che varia".
E sono una tragedia i posti letto nelle strutture. "Ne servirebbero il doppio – fa i conti Auser –. Nelle Rsa al 2015 risultavano quasi 288mila anziani, il 74% donne, con un indice del 100,3%. Vuol dire che sono occupati dagli over65 anche letti destinati ad altre categorie". In teoria, nelle Rsa viene ricoverato chi non può essere curato a casa. "Ma andando a scavare - è stupito il ricercatore – si scopre che in alcune regioni la percentuale di chi potrebbe essere assistito a domicilio supera il 50%".