
Andrea Sempio
C’è chi mente con una freddezza spiazzante. E poi c’è Andrea Sempio, che trema anche quando dice la verità. Si capisce prima ancora che apra bocca. Nel corso dell’intervista rilasciata a Quarto Grado, Sempio pronuncia una frase che pesa come piombo: "No assolutamente no. Non ho ucciso Chiara Poggi". Pronuncia la frase, sì. Ma il suo corpo non la sostiene. La regge con fatica, come se ciascuna sillaba fosse un masso da tenere in equilibrio. Il volto è contratto, lo sguardo basso, gli occhi si stringono come a proteggersi. La spalla sinistra si alza appena, microsegnale classico di incertezza. Subito dopo, il busto compensa: entrambe le spalle si scrollano, come a voler cancellare ogni ambiguità. È un gesto che dice più delle parole. Non è colpa né menzogna. È tensione. È l’equilibrio sottile tra ciò che si sente e ciò che si teme. Le mani? Assenti dal campo visivo. Ed è un’assenza che pesa. Perché le mani sono il primo alfabeto della sincerità: sono il gesto che traduce l’intenzione. Quando mancano, anche la verità appare meno chiara.
Sempio non sembra mentire. Ma non si espone. Non si apre. È più attento a non sbagliare che a raccontare. Più preoccupato della percezione che della sostanza.
E quando arriva la domanda sulla relazione con Chiara Poggi, qualcosa cambia. Lo sguardo si abbassa ancora di più, la tensione sul viso aumenta. E compare un sorriso. Non sereno, né spontaneo: appena accennato, fuori luogo, stonato. È un sorriso che non smentisce. Non è negazione. È ritrosia. È pudore. È la paura di confessare un legame che non si può spiegare senza cambiare tutta la narrazione.
Andrea Sempio, oggi, non appare come un uomo colpevole. Piuttosto come un uomo sotto pressione. Uno che non ha ucciso Chiara Poggi, ma che si muove in equilibrio su un crinale pericoloso: quello tra innocenza e reputazione.