Allo stadio non lo si vede da un pezzo e nemmeno a Milano, perché non può fare ingresso nè a San Siro nè in città, eppure Andrea Beretta è a tutti gli effetti considerato – almeno fino ad oggi – il capo della Curva Nord nerazzurra, “ufficialmente” retta da un direttivo del quale fanno parte nomi vecchi e nuovi del movimento ultrà interista.
Un movimento che ha provato a cambiare pelle e faccia – evidentemente solo in apparenza, visti i fatti di Cernusco – dopo l’omicidio di Vittorio Boiocchi avvenuto sotto casa della vittima, a Figino, il 30 ottobre del 2022, quando a San Siro andava in scena Inter-Sampdoria con lo svuotamento forzato della Nord.
È da allora che il “Berro” ha preso in mano definitivamente le redini del secondo anello verde sui cui gradoni il 49enne pioltellese è cresciuto, distinguendosi per carisma e decisione, tanto da essere “scelto” dai vecchi capi. E lo “zio” Vittorio Boiocchi, fondatore dei Boys nel lontano ‘69, uscito dopo 26 anni di galera per reati che nulla c’entrano con lo stadio, se lo tiene vicino quando riconquista con metodi sbrigativi ciò che pensava gli spettasse, cioè la leadership della curva, che significa anche interessi nascosti e soldi, tanti soldi. Beretta lo sa bene ma è anche uno che non si tira indietro quando c’è da “sporcarsi le mani”, altrimenti non potrebbe essere lì.
Le cronache raccontano della condanna a un anno di carcere, poi tramutata in multa, per il pestaggio nel febbraio 2022 – pochi mesi prima dell’assassinio di Boiocchi – di un bagarino che vendeva gadgets fuori dallo stadio, al grido di “napoletani qui non ne vogliamo”. Un’aggressione che gli vale anche un Daspo di 10 anni, da aggiungere al divieto di entrare o dimorare a Milano per la “grave pericolosità” sociale del personaggio.
Altissimo, biondo, occhi chiari, il “Berro” è una montagna di muscoli. Titolare di un negozio di abbigliamento a Pioltello – dove oggi la curva nord vende il suo materiale – il 49enne non viene coinvolto solo in reati da stadio: la prima denuncia per furto nel 2000, l’arresto nell’operazione antidroga "Mercato bis" del 2002, il raid contro l’ex cognato nel 2014 a Cernusco sul Naviglio, proprio dove è stato ucciso Antonio Bellocco, l’aggressione ai danni di un cinquantasettenne ghanese nel 2015, l’assalto al Cafè des Artistes di via Tesio prima di Inter-Roma del 26 febbraio 2017. All’elenco vanno sommate le violazioni ai Daspo: due nel 2019, due nel 2020 (lo stesso giorno, il 9 febbraio, prima nella Bergamasca e poi fuori dal Meazza), tre nel 2021.
L’omicidio di Antonio Bellocco, esponente di una famiglia ndranghetista radicata nell’hinterland milanese, e il conseguente arresto di Beretta, ora ricoverato per il colpo di pistola ricevuto – lui reclama la legittima difesa – demarcano lo spessore criminale di un uomo che non può essere considerato semplicemente un capo ultrà, certificando ancora una volta la vicinanza, se non corrispondenza, dei vertici del tifo organizzato con quelli dei clan mafiosi in nome del denaro.