Martedì 14 Gennaio 2025
VIVIANA PONCHIA
Cronaca

Ammazzò il papà violento. Ha difeso la madre, giovane assolto: "Ora andrò avanti con la mia vita"

Ha sferrato 34 coltellate al genitore. I legali: lo ha fatto perché non ha avuto alternative. Alex dopo la lettura della sentenza: "Festeggerò col mio cane, sono ancora frastornato".

Alex Cotoia con i suoi avvocati qualche minuto prima della lettura della sentenza

Alex Cotoia con i suoi avvocati qualche minuto prima della lettura della sentenza

Cerca una conferma negli occhi degli avvocati, stringe la mano della fidanzata Sara e finalmente respira. È stato assolto in appello nel secondo processo in cui era accusato di avere ucciso il padre con 34 coltellate. Per strada Alex Pompa ha perso il cognome (ora si chiama Cotoia come la mamma), in tanti hanno perso il filo della storia. Il ventiduenne era stato assolto in primo grado: legittima difesa. In appello, nel 2023, fu condannato a sei anni, due mesi e venti giorni per omicidio volontario con una sentenza che però è stata annullata con rinvio dalla Cassazione. Di qui il nuovo processo. Adesso i giudici – su indicazione della Suprema Corte – hanno rivalutato il contesto in cui si è svolta la vicenda, il clima che si viveva in famiglia e lo stato di disagio psichico del ragazzo, che ha sempre detto di avere agito per difendere la madre Maria, maltrattata dal marito. Cinque anni (l’omicidio avvenne la sera del 30 aprile 2022), quattro procedimenti a suo carico, una serie di ribaltoni da incubo tra le ragioni della giurisprudenza e le sfumature da Codice Rosso.

Alex ascolta il verdetto della giudice Alessandra Bassi e subito non si rende conto. "Non sono state giornate facili – ammette, quando riesce a mandare aria nei polmoni – Io metabolizzo sempre dopo. Mi sono girato verso gli avvocati e non ho capito subito. Sono frastornato. Spero che sia finita e di poter andare avanti con la mia vita". Non è il tipo che stappa lo champagne. Risponde con educazione, le emozioni se le tiene dentro. Sorride solo alla mamma che lo aspetta fuori dall’aula. "Siamo felici, felici felici – esulta la signora Cotoia –. Ringraziamo questa corte per avere capito che io sarei stata l’ennesima vittima di femminicidio. In questi anni abbiamo subito tanto, hanno cercato di distruggerci. Abbiamo deciso di resistere".

Stringe il figlio e lui, sempre composto: "Non mi ero fatto aspettative. Ho pensato che qualsiasi cosa avessero deciso l’avrei affrontata". Non vede l’ora di festeggiare con Zoe, la sua golden retriever. Nessuna recriminazione per il processo bis. È stato al suo posto, ha preso la laurea triennale in Scienze della Comunicazione, ha lavorato come portiere di notte in hotel per pagarsi gli studi e pazienza per la magistrale, dopo la condanna ha smesso di studiare perché con quella cosa che gli pendeva sulla testa non ce la faceva. Adesso si vedrà: "Spero di trovare il mio posto nel mondo, che sia qui o all’estero". Ma quel 30 aprile sarà impossibile da dimenticare. Giuseppe Pompa, descritto come irascibile e prevaricatore, è convinto che la moglie, cassiera di supermercato, lo tradisca e la tempesta di telefonate. A casa c’è la resa dei conti. "Voleva ucciderci tutti – ha raccontato Alex –. Quando l’ho visto andare in cucina l’ho solo anticipato". Trentaquattro coltellate.

L’accusa ha sempre insistito sull’omicidio volontario. "Non è stata legittima difesa – è la tesi dell’avvocato generale Giancarlo Avenato Bassi –. Si è trattato della reazione a un uomo odioso. E non è vero che strizziamo l’occhio al patriarcato. Non c’è la pena di morte per gli uomini violenti, Giuseppe Pompa doveva essere giudicato da un tribunale". Alex ha ribadito ai avere agito per "istinto di sopravvivenza", la sua difesa si è giocata au questo: il padre quel giorno urlava in modo disumano e se il figlio non è riuscito a mediare è perché non ha visto alternative.