Martedì 23 Luglio 2024

Amazon sotto indagine, sequestrati d’urgenza 121 milioni per frode fiscale e sfruttamento del lavoro

L’inchiesta della procura di Milano riguarda i “serbatoi di manodopera”, sistemi per pagare meno tasse e per ridurre il costo del lavoro a scapito dei dipendenti. Amazon: “Rispettiamo la legge”

L'inchiesta della procura di Milano su Amazon ipotizza uno scenario di "sfruttamento dei lavoratori"

L'inchiesta della procura di Milano su Amazon ipotizza uno scenario di "sfruttamento dei lavoratori"

La Guardia di finanza di Milano ha eseguito un sequestro preventivo d’urgenza di 121 milioni di euro nei confronti della multinazionale statunitense Amazon con l’ipotesi di frode fiscale. La società di e-commerce, fondata da Jeff Bezos e con un fatturato di 500 miliardi l’anno, è sotto indagine da parte della Procura di Milano in un’inchiesta coordinata dai pubblici ministeri Paolo Storari e Valentina Mondovì.

L’indagine vede al centro i cosiddetti “serbatoi di manodopera”, cioè un sistema attraverso il quale alcune grandi aziende abbassano il costo del lavoro e l’ammontare di tasse pagate “appaltando” per i loro servizi di logistica la manodopera a cooperative, consorzi e società “filtro” in modo irregolare, con annesso “sfruttamento del lavoro”. Secondo gli inquirenti, questi lavoratori “appaltati”, nel caso di Amazon, sarebbero poi controllati direttamente dalla multinazionale attraverso un algoritmo gestionale.

Il meccanismo fraudolento, spiegano i magistrati, “è tutt’ora in atto, con rilevantissime perdite per l’erario e situazioni di sfruttamento lavorativo che perdurano, a tutto vantaggio di Amazon Italia Transport srl”. Risultano indagati, per presunte frodi commesse tra il 2017 e il 2022, i dirigenti Gabriele Sigismondi, Adriano Susta e Jason Miller, oltre alla stessa società per la responsabilità amministrativa.

Come funziona il sistema

Quello descritto negli atti della Procura è un tipo di sistema venuto a galla nelle indagini su altre società, tra cui i colossi della distribuzione Dhl, Gls, Uber, Brt, Geodis, Ups, Gxo, le catene di supermercati Esselunga, Lidl, GsCarrefour, e persino il servizio di vigilanza Securitalia. Lo scorso 2 luglio sono stati sequestrati 84 milioni alla Gxo, mentre il 24 aprile la Guardia di finanza ha sequestrato 65 milioni a Gs-Carrefour.

Il sistema dei “serbatoi di manodopera”, in generale, funziona così: queste grosse aziende creano o si appoggiano a cooperative o consorzi i quali, formalmente, assumono i lavoratori. Di fatto, però, questi lavoratori continuano a lavorare per l’azienda principale come manodopera “distaccata”, pur essendo ufficialmente dipendenti della cooperativa o del consorzio. Questo sistema, peraltro, può essere attuato a più livelli, in modo piramidale: in questi casi un’azienda madre appalta a una cooperativa, che a sua volta appalta ad altre cooperative.

Cosa ci guadagna l’azienda madre? Un risparmio, perché la cooperativa riceve pagamenti per la fornitura di manodopera, ma paga salari inferiori ai lavoratori e in alcuni casi non versa correttamente i contributi previdenziali e assistenziali. Talvolta, vengono utilizzati contratti irregolari o temporanei per i lavoratori, spesso non conformi alle norme contrattuali di settore.

Perché si tratta di frode fiscale

Le inchieste hanno mostrato che le molte cooperative – spina dorsale del sistema illecito – non versano correttamente i contributi previdenziali e assistenziali dovuti o l’Iva. E questo si configura come frode fiscale, dato che le aziende ottengono vantaggi fiscali come la deducibilità dei costi per i servizi di manodopera, abbassando così il carico fiscale complessivo. 

Una pratica questa, che incide in modo negativo anche sul sistema economico nel suo complesso, perché abbassando artificialmente il costo del lavoro crea un ambiente di concorrenza sleale nei confronti delle aziende che rispettano le leggi.

Algoritmi e schemi piramidali 

Dalle inchieste sono emerse vicende in fotocopia di lavoratori “sfruttati”, costretti a passare come in una “transumanza” da una società all’altra dalle quali erano formalmente assunti – società “filtro” o consorzi – e lasciati sempre senza contributi previdenziali e assistenziali. Un presunto “schema” realizzato con false fatture ed evasione dell’Iva e che ha visto al centro nelle varie inchieste, oltre alla logistica, anche i servizi di facchinaggio e di vigilanza privata.

Emerge, nell’indagine su Amazon scrivono ancora i magistrati, “un sistema piramidale con all’apice Amazon Italia Transport srl nella gestione del servizio di trasporto e consegna cosiddetto ‘di ultimo miglio’ in apparenza affidato a enti fornitori, realizzato a vari livelli attraverso la concatenazione di contratti di appalto o di trasporto ed il coinvolgimento di diversi soggetti quali ‘serbatoi di primo livello’ e ‘serbatoi di secondo livello’”.

Gli inquirenti hanno scoperto che attraverso il proprio algoritmo gestionale, Amazon Italia “esercita poteri direttivi organizzando di fatto l’attività complessiva di distribuzione e consegna merci, compresa quella relativa alla consegna ‘di ultimo miglio’ in apparenza appaltata” alle cooperative di consegne. 

I driver che consegnano i pacchi a casa, benché formalmente assunti da una cooperativa e non da Amazon, sono invece di fatto controllati dalla multinazionale attraverso gli algoritmi, la quale esercita “direttamente nei confronti dei singoli corrieri, formalmente dipendenti dai sopra citati fornitori, i poteri specifici del datore di lavoro in termini di organizzazione dell’attività dei singoli corrieri, gestione della loro operatività, controllo del loro operato, fornitura della strumentazione informatica necessaria per l’esecuzione dei servizi”.

“Caporalato digitale”

La creazione di aziende appaltatrici è apertamente sostenuta da Amazon attraverso il programma Delivery service partner (Dsp), che incentiva a versare almeno 10mila euro nella creazione di società a responsabilità limitata progettate – così “vende” il progetto la multinazionale – “per dare maggiore potere ai leader che desiderano avviare e gestire la propria attività di consegna. Cerchiamo proprietari pratici con grinta che desiderino assumere e motivare un team di addetti alle consegne ad alte prestazioni”. 

Questo società dovrebbe occuparsi della consegna dei pacchi dai centri di distribuzioni alle nostre case, per l’appunto l’ultimo miglio, ma in realtà, secondo gli inquirenti della Procura di Milano, il lavoro dei dipendenti di queste start-up sono è regolato dal software gestionale di Amazon Transport srl.

I risultati delle inchiesta

Con le inchieste coordinate dal pubblico ministero Storari, le imprese, almeno una quindicina in tutto, hanno, poi, versato all'erario, come risarcimenti sulle somme contestate, un “totale” di circa mezzo miliardo di euro: ad esempio, oltre 35 milioni da Dhl, 38 milioni da Gls, quasi 48 milioni da Esselunga, 146 milioni da Brt, oltre 86 milioni da Ups. Inoltre, le società, come chiarito dalla Procura, “hanno proceduto ad internalizzare i dipendenti, prima ‘in balia’ delle cooperative”. Sono stati stabilizzati così negli anni circa 14mila dipendenti e a 70mila è stato aumentato lo stipendio.

La replica di Amazon

Dopo l’inchiesta e il sequestro, Amazon Italia Transport ha replicato quanto segue: “Rispettiamo tutte le leggi e le normative vigenti in ogni paese in cui operiamo e richiediamo che le aziende che lavorano con noi facciano lo stesso. Abbiamo definito standard elevati sia per noi che per i nostri fornitori, e abbiamo un Codice di Condotta che i fornitori devono rispettare per poter lavorare con noi. Continueremo a collaborare prontamente con le autorità competenti nel corso dell'indagine”.