Mercoledì 25 Dicembre 2024
REDAZIONE CRONACA

Alpi, trovate impronte di grandi rettili preistorici

Risalgono a 250 milioni di anni fa e dimostrano che l'area non era del tutto inospitale

Ricostruzione del rettile preistorico che ha lasciato le impronte sulle Alpi (Ansa)

Roma, 14 gennaio 2021 - Trovate impronte fossili dalla forma inedita, lasciate 250 milioni di anni fa da grandi rettili preistorici simili a coccodrilli, sulle Alpi occidentali a 2.200 metri di quota, nella zona dell'Altopiano della Gardetta in provincia di Cuneo. L'inedita scoperta, pubblicata dalla rivista internazionale PeerJ, è frutto del lavoro congiunto geologi e paleontologi del Muse (Museo delle Scienze di Trento), dell'Istituto e Museo di Paleontologia dell'Università di Zurigo e delle Università di Torino, Roma Sapienza e Genova.

Le impronte, impresse pochi milioni di anni dopo la più severa estinzione di massa della storia, dimostrano che l'area delle Alpi non era totalmente inospitale alla vita come ipotizzato finora. "La mancanza di scheletri fossili aveva fatto ipotizzare che la zona fosse inospitale e che gli animali sopravvissuti all'estinzione di massa di fine Permiano fossero migrati verso altre latitudini: le nuove impronte, però, smentiscono questa teoria", spiega Fabio Massimo Petti, esperto di orme fossili del Muse e primo autore dello studio.

"Tra le varie impronte di rettili rimaste impresse nella roccia quarzarenite, abbiamo trovato in particolare tre passi consecutivi, ovvero tre coppie di orme di zampe anteriori e posteriori lunghe circa 30 centimetri ed eccezionalmente conservate: si vedono perfino i cuscinetti carnosi presenti sotto le falangi", continua Petti. ''Non è possibile conoscere con precisione l'identità dell'organismo che ha lasciato le impronte che abbiamo attribuito a Isochirotherium gardettensis, ma, considerando la forma e la grandezza delle impronte, e altri caratteri anatomici ricavabili dallo studio della pista, si tratta verosimilmente di un rettile arcosauriforme di notevoli dimensioni, almeno 4 metri'', rimarca il paleontologo Marco Romano della Sapienza Università di Roma. L'animale stava probabilmente camminando sui fondali fangosi di un'antica linea di costa marina in prossimità di un delta fluviale. 

 ''È stato molto emozionante notare appena due fossette impresse nella roccia, spostare un ciuffo erboso e realizzare immediatamente che si trattava di un'impronta lunga oltre trenta centimetri: un vero tuffo nel tempo profondo, con il privilegio di poter appoggiare per primo la mano nella stessa cavità dove in centinaia di milioni di anni se n'era appoggiata soltanto un'altra; mi è venuto spontaneo rievocare subito l'immagine dell'animale che lasciò, inconsapevolmente, un segno duraturo nel fango morbido e bagnato, ma destinato a divenire roccia e innalzarsi per formare parte della solida ossatura delle Alpi'', dice invece il paleontologo Edoardo Martinetto del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Torino, primo scopritore delle nuove tracce.