Martedì 16 Luglio 2024
STEFANO BROGIONI
Cronaca

Alluvioni, le zone a rischio. Il clima è impazzito ma si è costruito troppo

Campanello d’allarme nel rapporto di quest’anno dell’Ispra: gli interventi dell’uomo possono aumentare gli effetti negativi. Anche se le alluvioni sono fenomeni impossibili da prevedere

Firenze, 6 novembre 2023 – A Campi Bisenzio, nel 2006, ci fu anche un’inchiesta della procura: i carabinieri del Ros acquisirono un piano regolatore che pareva troppo generoso verso i metri cubi di cemento. Che l’alluvione del 2 novembre sia il conto di gestioni scellerate del suolo? Chissà. Di sicuro, però, c’è qualcosa di più sostanzioso dell’"avevo detto io" davanti al disastro di una terra invasa dall’acqua. Il rapporto 2023 dell’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) con la semplice analisi dei numeri, aveva fatto suonare un campanello d’allarme.

Il consumo di suolo in Italia
Il consumo di suolo in Italia

Secondo i dati dell’istituto, la Toscana non è tra le peggiori regioni per il "consumo di suolo", ma il territorio di Campi Bisenzio funestato dall’alluvione, con +8,86 ettari si piazza al terzo posto dopo Cavriglia (+12,67) e Pisa (+10,10) tra i Comuni che nel 2022 hanno avuto più incremento di perdita di terreno naturale in favore di parti artificiali.

Come si legge nel report, da un lato è vero che le alluvioni sono fenomeni naturali impossibili da prevedere, ma contemporaneamente gli interventi dell’uomo possono aumentare la probabilità che esse si verifichino e renderne più gravi le conseguenze.

La crescita degli insediamenti o delle attività economiche, oppure il progressivo consumo di suolo. E per le caratteristiche del territorio italiano, risulta particolarmente esposto a quelle che vengono chiamate "piene repentine" (o flash flood), che fanno seguito a fenomeni meteorologici brevi e intensi. Proprio come è successo a Campi Bisenzio e nel resto della Toscana giovedì e sabato notte scorsi. Per queste ragioni, dice l’Ispra, "diventa importante sapere quanto suolo è stato usato nelle aree dove il pericolo di alluvioni è maggiore".

L’Istituto evidenzia poi con una mappa le zone a rischio idraulico in cui c’è stato maggiore consumo di suolo: buona parte coincide con quelle dell’alluvione. E ancora: se cerchiamo le aree campigiane finite più sott’acqua nella mappa della pericolosità da alluvione redatta dall’Autorità di bacino dell’Appennino settentrionale notiamo che sono del colore che corrisponde al livello di rischio P2 (moderato) su una scala che arriva a P3 (elevato).

"Sicuramente Campi Bisenzio è una zona che negli ultimi 30 anni ha avuto un grande sviluppo urbanistico, dettato dalla forza produttiva di questo territorio. Dalla necessità di creare lavoro e posti di lavoro per lo sviluppo economico, e a questo ne consegue anche uno sviluppo residenziale. Ma che sia la cementificazione e questo sviluppo urbanistico la concausa di una rottura di un argine questo non lo è. Non siamo di fronte a un allagamento dovuto alle acqua basse, o ai fossi che sono strabordati. È piovuto un quinto dell’acqua che piove in tutto l’anno e si è rotto un argine per 50 metri da cui sono usciti 2 milioni di metri, interessando 800 ettari di territorio", dice il sindaco Andrea Tagliaferri. Introducendo l’altra faccia della medaglia: il cambiamento climatico.

Alluvione Campi Bisenzio (Ansa)
Alluvione Campi Bisenzio (Ansa)

Il Centro Studi per il Cambiamento Climatico ne parlava già a metà ottobre, con un documento nel quale Campi compariva tra i comuni con il 100 per cento di rischio frane. In Toscana i comuni con una percentuale simile sono Pisa e Cascina, Chiesina, Uzzanese, Ponte Buggianese e Agliana, zona, quest’ultima, pesantemente colpita in questi giorni. L’analisi del centro studi continua con alcune proiezioni sui cambiamenti climatici riguardanti proprio il territorio toscano: "Nel corso dei prossimi anni – si legge –, se le emissioni continueranno ad aumentare, si prevedono drastici cambiamenti per le temperature della Regione, raggiungendo una temperatura media a metà secolo (2050) di circa 15,96°C e una media di circa 19,76°C a fine secolo".

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