Roma, 7 novembre 2022 - Il cambiamento climatico non è una prospettiva lontana, ma una realtà presente non solo nell’aumento delle temperature. Un esempio classico sono gli eventi meteo estremi, che come previsto dall’Ipcc (il panel di studiosi creato dalle Nazioni unite per elaborare la migliore ricerca sui cambiamenti climatici), sono cresciuti e di parecchio. Secondo i dati dell European Severe Weather Database, in Italia, nel periodo 1 gennaio-1 novembre, gli eventi meteo estremi (valanghe escluse), considerando non gli eventi segnalati ma solo quelli verificati, sono passati dai 1.842 del 2021 ai 2.618 del 2022. Erano 1.026 nell’intero 2018, 531 nel 2016 e 362 nel 2010. In particolare trombe d’aria e forti tempeste di vento sono passate dalle 56 nel 2021 a 805, le forti grandinate, che erano 187 nel 2018, sono cresciute da 845 a 893, le piogge intense, che nel 2018 erano 295, sono letteralmente esplose da 363 a 831.
L’impatto sull’agricoltura e le altre attività umane, a partire dalle inondazioni che questi eventi meteo improvvisi e intesi creano, è sotto gli occhi di tutti. "La correlazione – osserva Sandro Fuzzi dell’Istituto di scienze dell’atmosfera del Cnr – è chiara. Per quanto riguarda le precipitazioni, l’aumento della temperatura, che si è verificato nell’ultimo secolo, siamo a +1.1 gradi, ha cambiato di molto sia la circolazione atmosferica sia il bilancio idrologico. In buona sostanza piove di meno e per meno giorni, ma in maniera più concentrata. La pioggia cade su terreni più aridi del normale, che per questo la assorbono poco, e scorre maggiormente in superficie, creando il rischio di alluvioni, anche sotto forma di flash floods, alluvioni flash. In sostanza nel sistema climatico c’è molta più energia, che si scarica in eventi estremi".
Stesso discorso per i fenomeni siccitosi – il 2022, specialmente al Nord, sta attraversando questa situazione – determinati da uno spostamento delle correnti atmosferiche, in Europa frutto dell’espansione delle alte pressioni africane che per lunghi periodi si espandono verso nord e deviano verso nord le correnti atlantiche che portavano pioggia e che ora scorrono alle alte latitudini lasciando a secco il Mediterraneo. La siccità ha un effetto molto importante sulle attività umane, con riferimento non solo all’agricoltura ma anche alla disponibilità di acqua potabile, per l’accumulo di neve sulle montagne (con effetti sui regimi estivi dei fiumi e sugli sport invernali), per la produzione di energia idroelettrica e non solo: basti pensare ai blocchi delle centrali nucleari francesi avvenuto in questo 2022 per mancanza di acqua di raffreddamento visto il basso livello dei fiumi.
Tutto si tiene. "Il Mediterraneo – spiega Fuzzi – è un hot spot, una delle aree particolarmente sensibili come ad esempio lo sono le aree artiche che si sono riscaldate anche di quattro gradi. Questo perché è un bacino chiuso, che immagazzina calore e sopra il quale c’è una interazione tra le masse di aria calda nordafricana e le medie latitudini. Fino a pochi anni fa noi non abbiamo mai avuto cicloni nel Mediterraneo, adesso invece li abbiamo, sono i cosiddetti Medicanes, che interessano anche il nostro territorio". Non a caso, come ha osservato nei giorni scorsi il Wmo, negli ultimi tre decenni in Europa la temperatura in Europa è cresciuta il doppio rispetto alla media globale. E quello che faremo conta e parecchio.
"Se noi riusciremo a rimanere nell’intervallo di aumento di 1.5 gradi per fine secolo come previsto negli accordi di Parigi noi avremo un raddoppio degli eventi siccitosi da qui a fine secolo, ma già se andassimo a 2 gradi avremmo un aumento di 2 volte e mezzo, per non parlare dell’eventualità di un riscaldamento di quattro gradi che potrebbe un aumento degli eventi siccitosi di ben quattro volte. Stesso discorso, con numeri diversi, per le precipitazioni intense". Sono scelte. Se non ridurremo il riscaldamento, questi saranno gli effetti.