Roma, 17 maggio 2023 – “Dobbiamo capire che il clima è cambiato in maniera sostanziale e cambierà ancora di più. Dobbiamo agire a più livelli, da quello statale a quello degli enti locali a quello individuale. Dobbiamo naturalmente tagliare a livello globale le emissioni di gas serra, dobbiamo a livello nazionale e regionale fare opere che riducano l’impatto dei cambiamenti climatici e poi dobbiamo aumentare la nostra consapevolezza, evitare sprechi e autoproteggerci, seguendo le indicazioni dei piani comuali di protezione civile e imparando a rispondere all’emergenza con comportamenti adeguati. Una sola azione non basta”. Così Bernardo Gozzini, climatologo dell’Ibe-Cnr e direttore del consorzio Lamma sull’alluvione in Emilia Romagna.
Come è mutato il clima negli ultimi cinquant’anni?
“Nel bacino del Mediterraneo, che è considerato un punto sensibile, abbiamo avuto un aumento delle temperature di 1.1 gradi, che si manifesta soprattutto in estate ma che riguarda anche tutto il resto dell’anno e un aumento della temperatura del mare, che lo scorso anno a luglio in alcune zone del Tirreno è stato di 4-5 gradi sopra alle medie, che è tantissimo. Questo impatta sul ciclo idrologico perchè una massa d’aria più calda contiene più umidità e più energia fino a che il sistema non scarica questo surplus di umidità: ed ecco il perchè dell’aumento di frequenza e spesso di intensità degli eventi estremi”.
Come si spiegano le concomitanti siccità?
“Il sistema è instabile. E’ cambiata la distribuzione delle piogge. Da un lato è aumentata la variabilità tra gli anni, ad anni siccitosi seguono anni piovosi e soprattutto vi è una concentrazione delle piogge. Se vediamo le precipitazioni cumulate annuali vediamo mediamente una riduzione lieve, ma la piovosità è distribuita in pochi picchi inframmezzati da periodi siccitosi. Il che è un problema per la biodiversità, perchè determina una mancanza della risorsa idrica, crea problemi per l’agricoltura e poi quando piove, rende più difficile ai terreni assorbire l’acqua che scende, il che determina ruscellamento, ingrossamento dei fiumi e aggrava il rischio di alluvioni”.
Lei ha detto che occorre ridurre le emissioni ma che serve anche adattarsi ai cambiamenti climatici. Che significa?
“Progettare le opere infrastrutturali in maniera diversa perché i tempi di ritorno degli eventi estremi si sono ridotti e la magnitudo è cambiata. Adeguare l’agricoltura alle mutate condizioni, anche cambiando coltivazioni, o localizzazione delle coltivazioni, o installando sistemi di irrigazione di soccorso anche per coltivazioni che non ne avevano sinora bisogno: tutte cose che si stanno già iniziando a fare, basti pensare che l’ulivo si inzia a coltivare nel nord Italia e nel sud si stanno facendo piantagioni di mango, papaya, persino di banane. Tutto questo incide già oggi anche sul paesaggio. Bisogna poi creare infratrastrutture come le casse di espansione e fare un politica precisa di ruduzione del rischio idrogeologico, che mitighino il rischio, e dobbiamo anche cambiare il nostro stile di vita ad esempio facendo consumo più razionale dell’acqua e comprendendo i comportameti corretti da avere in caso di eventi estremi. Valutando i rischi per la propria abitazione o il proprio posto di lavoro. E’ importante avere la consapevolezza del rischio e sapere bene cosa fare se scatta una allerta. Faccio notare che se i grandi comuni hanno ormai tutti dei piani di protezione civile, non sempre questo vale per i piccoli comuni, che spesso non hanno le risorse per farli. Quindi bisognerebbe che lo stato o le regioni li aiutassero a farli. E naturalmente dobbiamo poter contare su servizi meteo sempre più raffinati, che siano in grado di avvertire in caso di eventi estremi, dando comunicazioni anche in tempo reale alla popolazione, usando le nuove tecnologie”.