In città il giudizio è unanime: il sacrificio dei suoi terreni ha salvato il centro di Ravenna.
"Ringrazio tutti per gli attestati di stima, ma ringrazierei piuttosto tutte le persone del consorzio di bonifica, della Protezione civile e i volontari che da giorni, dormendo poco o nulla, stanno facendo il possibile per farci uscire da questo incubo. Sono loro i veri eroi".
Fabrizio Galavotti è il presidente della Cab Terra, una settantina di soci e la cooperativa più antica di Ravenna, nata nel 1888 col sudore di Nullo Baldini e di altri 40 braccianti. Venerdì scorso, acconsentendo al taglio di un argine, ha immolato duecento ettari di campi, tra i pochi fondi con ortaggi fin lì risparmiati dal diluvio universale, facendoli allagare dall’acqua di un canale rigonfio e pronto a esondare, a poche centinaia di metri dalla città dei mosaici e dal polo chimico.
Galavotti, intuisco che l’etichetta di eroe non la gradisce. Ma è indubbio che il vostro gesto di altruismo abbia risparmiato ulteriori sofferenze.
"Ho dato una mano. La situazione era drammatica e tra le varie opzioni in campo, su richiesta della prefettura e del consorzio di bonifica, c’era il taglio del canale dove si trova l’idrovora e allagare i nostri duecento ettari in via Romea, per cercare di alleggerire la pressione dell’acqua e salvare il salvabile. L’idrovora e le sei, sette pompe supplementari non riuscivano a smaltire tutta l’acqua, così abbiamo acconsentito, nella speranza funzionasse".
E ha funzionato?
"Sembrerebbe di sì. La situazione è in miglioramento, l’acqua continua a defluire dalla rottura controllata del canale. Il livello sta scendendo, si vedono 50 metri di un campo dove il giorno prima era tutto un lago. Ci vorrà ancora un pochino perché l’acqua da mandare al mare è veramente tantissima, ma qualche segnale incoraggiante c’è. Incrociamo le dita".
In cosa è consistito questo ’taglio controllato’?
"Il corso d’acqua si chiama ’Le canale’, abbiamo tagliato la strada parallela, via degli Zingari, inserendo tre tubi di grosse dimensioni per poi ricoprirla. Ha fatto tutto la Protezione civile, noi abbiamo semplicemente dato l’assenso. L’acqua defluita si riversa in un campo e da lì raggiunge lo scolo Cerba, che era vuoto e dove c’è un’altra idrovora. Dopo c’è il mare".
Cosa si può dire abbia salvato?
"Con precisione non so indicarlo, indubbiamente il canale sarebbe esondato prima. E prima vuole dire a ridosso della città".
I campi sacrificati erano già compromessi?
"Al contrario. Su un totale di duemila ettari, ne avevamo 400 sommersi. In questi duecento avevamo grano, mais, barbabietola e ravanello, in parte quasi pronti per la raccolta. È stata una scelta, ma la rifarei".
Insomma, un danno consistente.
"Certamente. Ma penso alle nostre sorelle di Legacoop, per esempio alla Cab Massari di Conselice con 1500 ettari sott’acqua. Per loro è un vero dramma".