Roma, 23 novembre 2024 – Prima la “pista bulgara” che collega l’attentato al Papa ai servizi segreti comunisti.
Poi la ritrattazione con la scenata nel cortile della Questura di Roma. Quindi il preannuncio dell’Apocalisse con tanto di dichiarazione forte: “Sono il Cristo”. Infine la promessa della liberazione di Emanuela Orlandi, con l’impegno a contattare i carcerieri per riportarla a casa sana e salva. Nel mezzo le allusioni su un ruolo del Vaticano nel tentato omicidio di Giovanni Paolo II e quelle sull’ordine ricevuto da Khomeini in persona. Negli anni successivi al 13 maggio 1981, quando sparò due colpi di pistola a Karol Wojtyla in piazza San Pietro Mehmet Ali Agca ha parlato tantissimo e quasi sempre a sproposito. Per questo ogni sua dichiarazione oggi va presa con beneficio d’inventario.
LA PISTA BULGARA
La pista dell’intrigo internazionale per l’attentato al Papa viene esplicitata per la prima volta proprio nella sentenza di condanna all’ergastolo per tentato omicidio di Capo di Stato arrivata nel luglio 1981, dopo otto giorni di processo per direttissima: si parla di un’“organizzazione eversiva” che avrebbe agito nell’ombra, armando la mano di Agca. Lui non fa appello, ma nei mesi successivi comincia a parlare della pista bulgara. A novembre inizia l’indagine del giudice istruttore Ilario Martella. Agca indica tre nomi: Sergej Antonov, caposcalo a Fiumicino, e due bulgari che lavorano all’ambasciata: Željo Vasilev e Todor Ajvazov. Racconta di aver ricevuto l’ordine a Sofia dalla mafia turca, i Lupi Grigi e i servizi segreti bulgari e di un compenso di tre milioni e mezzo di marchi.
LA CONNESSIONE CON EMANUELA ORLANDI
Poi ritratta tutto nel 1983, proprio quando iniziano i messaggi dei presunti rapitori di Emanuela Orlandi che chiedono la sua liberazione. Nel 1986 la Corte d’Assise di Roma assolve tutti gli imputati, tranne Omar Bagci che viene condannato per aver custodito la pistola dell’attentato. Intanto nel 1985 comincia l’inchiesta di Rosario Priore sul presunto ruolo del Vaticano. Oral Celik, esponente dei Lupi Grigi indicato da Agca come secondo attentatore in piazza San Pietro, sostiene che due cardinali (tra cui Agostino Casaroli, secondo Alì) hanno ordinato l’attentato e pagato Mehmet con un conto dello Ior. Naturalmente anche stavolta tutto si chiude con l’archiviazione, che arriva nel 1998.
IL LIBRO SULL’ATTENTATO
Dopo la scarcerazione del 2006 Agca pubblica un’autobiografia dal titolo “Mi avevano promesso il Paradiso. La mia vita e la verità sull’attentato al Papa”. Qui accusa Khomeini, anche se è di una confessione sciita (Agca è sunnita). Nel 2022 torna a contattare gli Orlandi, stavolta per far sapere che Emanuela si trova in una istituzione religiosa gestita da suore. Nel maggio 2024 annuncia di essere malato di cancro e chiede di essere ascoltato dalla commissione d’inchiesta per dire “la verità” su Emanuela Orlandi. L’ennesima.