Bologna, 25 aprile 2018 - Beppino. Papà Beppino. Lui, nove anni fa, in punta di diritto, ottenne che sua figlia Eluana, in stato vegetativo, fosse lasciata morire. Non voleva l’accanimento terapeutico. Ci sono altri genitori ora, quelli di Alfie, che chiedono di poter accedere a una proposta terapeutica che arriva dall’Italia dopo che i giudici inglesi hanno ordinato di staccare le macchine che tengono in vita il bambino.
Esiste un diritto a vivere e un diritto a morire?
"No, non esiste un diritto a morire. Ma esiste il diritto di lasciare morire – dice Beppino Englaro – di fronte a un accanimento terapeutico e di fronte all’impossibilità di avere una vita dignitosa. Io per Eluana dissi: ‘no grazie’ all’offerta terapeutica".
In questo caso invece, i genitori di Alfie quell’offerta terapeutica che arriva dall’Italia la vorrebbero.
"Ma c’è una giurisdizione, quella britannica, che lo impedisce. Oltre al fatto di un conflitto medico che sembra avere molti confini. Perché ciò che viene considerato irrecuperabile in Inghilterra non lo è invece in Italia".
Quindi, chi dovrebbe decidere?
"È proprio questo il punto, chi decide. Io credo che dovrebbe sempre decidere l’essere umano. Se non è nelle condizioni dovrebbero essere rispettate le sue volontà".
In questo caso si parla di un bimbo di 23 mesi.
"Il primato, in questo caso, dovrebbe spettare alla coscienza dei genitori. Non lo dico, ovviamente, da giurista che non sono. Lo dico, guardando questa situazione".
Quindi, che cosa si aspetterebbe?
"Che si provasse ad andare oltre".
Oltre la legge e la ragion di Stato?
"Io credo che se c’è un Paese civile come l’Italia che si fa avanti e se c’è un’offerta terapeutica, andrebbe rispettata la coscienza dei genitori che devono decidere per il loro figlio. E quindi i giudici inglesi dovrebbero andare oltre. Certo, potrebbero ricordare ai genitori tutto quello che c’è da ricordare secondo la legge, ma poi dovrebbero dare la possibilità a questi genitori di andare in Italia. Non servono conflitti. I conflitti andrebbero superati".
Nel caso di Eluana furono i giudici a fare la sua volontà.
"I giudici interpretarono la Costituzione e la nostra vicenda, fortunatamente, è diventato un caso buono per la famiglia e per tutto quello che è venuto dopo. La scelta di Eluana era già chiara, andava fatta solo la sua volontà. E così è stato. Anche se ci sono stati conflitti, come quando i due rami del Parlamento sollevarono il conflitto di attribuzione sulla sentenza della Cassazione. Ecco, io credo che in casi come questi andrebbe evitato tutto questo".
Quindi nel caso inglese andrebbe rispettata la volontà dei genitori del piccolo Alfie e il diritto alla vita?
"Basterebbe del buon senso, ripeto. Solo del buon senso di fronte alla situazione che si è creata. E quindi i giudici, per come la vedo io, di fronte alla proposta italiana e alla volontà dei genitori, dovrebbero limitarsi soltanto a non ostacolare".