Giovedì 9 Gennaio 2025
GIULIA PROSPERETTI
Cronaca

Alessia Piperno nello stesso carcere di Cecilia Sala: “Ti resta una cicatrice nel cuore”

La travel blogger fu detenuta per 45 giorni a Teheran nel 2022: ne esci più forte, sarà così anche per lei. “Non subito, ma vorrei incontrarla. Ci capiremo a vicenda. L’Italia? Non dimentica i suoi cittadini”

Roma, 9 gennaio 2025 – “Seduta o sdraiata su una moquette lurida, le luci al neon sempre accese. A disposizione, nella cella di due metri per quattro, solo una coperta, un citofono e un rubinetto da dove esce acqua non potabile. Non puoi fare altro che stare lì a fissare le mura bianche cercando di consolarti con i tuoi stessi pensieri. Pensieri che a volte sono dalla tua parte e in altri momenti sono terrificanti”. In questi 20 giorni di “forte preoccupazione” Alessia Piperno, 32 anni, la travel blogger di Roma arrestata il 28 settembre 2022, quando in Iran scoppiano le proteste per la morte di Mahsa Amini, e detenuta per 45 giorni a Evin 209, si è potuta immedesimare, più di chiunque altro, nella situazione di Cecilia Sala.

Alessia Piperno nel 2022 ha trascorso 45 giorni nel carcere di Evin
Alessia Piperno nel 2022 ha trascorso 45 giorni nel carcere di Evin

Come ha vissuto le ultime settimane?

“La notizia dell’arresto di Cecilia è stato un colpo al cuore. So benissimo quanto è difficile rimanere forti in un contesto come Evin e mi sono sentita molto vicina a lei in queste settimane. Nessuno può veramente capire che posto è quello, l’ho raccontato in un libro (‘Azadi! Un diario di viaggio, prigionia e libertà’, Mondadori, ndr.) ma viverlo è un’altra cosa”.

Vorrebbe incontrare Sala per un confronto?

“Sì mi piacerebbe molto, ma non subito. So che lei potrà capirmi e io potrò capire perfettamente lei”.

Ha definito la sua detenzione a Evin una tortura psicologica.

“Tutto a Evin 209 è una tortura psicologica. Non puoi parlare con le persone a te care, non ti viene concesso un letto o una coperta in più, puoi respirare aria solo per dieci minuti a settimana, si sentono urla 24 ore su 24. Urla che viaggiano attraverso il corridoio e entrano nelle celle dalle lastre di metallo bucherellate. Vieni privato dei diritti fondamentali di un essere umano, devi chiedere il permesso per andare al bagno suonando al citofono e trattenerti anche per ore in attesa che la guardia ti venga a prendere. E non ti vengono dati né assorbenti né carta igienica”.

Al contrario di Sala, ha condiviso la cella con altre persone.

“Sono stata tenuta in isolamento soltanto per 24 ore. In cella eravamo in sette perché la prigione in quel periodo era stracarica di gente, ma nessuno parlava inglese e le guardie avevano detto alle mie compagne che ero una spia. Ero sola anche io, ma almeno avevo persone intorno a me”.

Che segno le hanno lasciato i suoi 45 giorni a Evin?

“Un luogo come Evin ti segna, non lo dimentichi mai. Non ti rovina la vita, ma ti lascia una cicatrice dentro al cuore. Una cicatrice che può diventare un dono molto prezioso. Ti insegna a essere più forte. Sono certa che sarà così anche per Cecilia”.

Cosa si prova a essere arrestati e detenuti in condizioni terribili senza una ragione?

“Uno stato di confusione infinito. L’unica cosa che ti tiene in piedi è la speranza. Ti devi affidare. La mia vita era nelle mani della diplomazia italiana che, come nel caso di Cecilia, ha fatto un ottimo lavoro”.

Dal 2022 tre francesi sono ancora a Evin. L’Italia è più brava a riportare a casa i propri connazionali?

“L’Italia semplicemente non si dimentica dei propri cittadini, al contrario della Francia che apparentemente se ne disinteressa del tutto e non parla degli ostaggi”.

Quando è andata in Iran aveva idea del pericolo?

“Assolutamente no, mi ero informata tantissimo e anche il sito di Viaggiare Sicuri non segnalava pericoli. Sono stata due mesi e mezzo in Iran prima di essere arrestata e fino a quel momento mi sono sentita al sicuro. Ad oggi, anche se è una terra meravigliosa, a chi me lo chiede sconsiglio di andare”.

Qual è stato l’aspetto più brutto dei 45 giorni di prigionia?

“Non poter sentire la mia famiglia è stata la parte più difficile”.