Milano – Salgono a sette gli indagati dalla Procura di Milano nell'inchiesta che riguarda psicologi e psicologhe, alcune delle quali in servizio nel carcere milanese di San Vittore, e l'avvocatessa Alessia Pontenani, nel secondo filone di indagine sul caso di Alessia Pifferi, la 38enne condannata all'ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlioletta Diana di meno di un anno e mezzo.
È quanto emerge dall'avviso di chiusura dell'indagine, in vista della richiesta di rinvio a giudizio, firmata dal pm Francesco De Tommasi. Tra i due indagati in più c'è anche Marco Garbarini, il consulente nominato dalla difesa rappresentata dall'avv. Pontenani nel processo che si è celebrato in Corte d'Assise. Tra i reati contestati a vario titolo il concorso nei reati ipotizzati di falso e favoreggiamento.
Il test truccato
Per la pubblica accusa le psicologhe avrebbero "falsamente" attestato un quoziente intellettivo pari a 40 per Alessia Pifferi e quindi un "deficit grave" laddove invece il test Wais non era da somministrare alla detenuta che "non era un soggetto a rischio di atti anticonservativi e si presentava lucida, orientata nel tempo e nello spazio, nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali e determinata".
Una condotta che avrebbe avuto come obiettivo quello di fornire una base documentale che permettesse di richiedere e ottenere in giudizio, "la tanto agognata perizia psichiatrica" e provare così a evitare il massimo della pena.
L’ipotesi contestata è in sostanza quella di una “manipolazione” architettata da parte ottenere la perizia psichiatrica che poi, nel processo in corso ha stabilito che l'imputata, quando lasciò morire di fame e di sete la figlia Diana di quasi un anno e mezzo, era capace di intendere e volere.
Processo d’appello
Alessia Pifferi invece tornerà invece in aula il 29 gennaio quando si aprirà il processo d'appello davanti alla Corte di Assise d'appello di Milano. La sentenza di condanna all’ergastolo della 38enne è stata emessa dalla Corte di Assise di Milano lo scorso 13 maggio, al termine di un processo durante il quale la donna era stata sottoposta a una perizia psichiatrica che aveva stabilito la sua capacità di intendere e volere al momento dei fatti. La difesa, al contrario, ha sempre sostenuto che la donna fosse affetta da un "grave deficit cognitivo".
Pifferi, secondo l'accusa, avrebbe lasciato a casa da sola la figlia di 18 mesi per sei giorni nel luglio del 2022 per trascorrere il tempo a casa del compagno nella Bergamasca. La piccola era morta di stenti. È possibile – così, almeno, è stato annunciato – che il legale chieda una nuova perizia.
La difesa
"L'avviso di chiusura delle indagini notificato pochi giorni prima del processo di appello coinvolgendo anche lo psichiatra consulente è un fatto gravissimo e sembra voler depotenziare le aspettative della difesa di chiedere e ottenere una nuova perizia nel processo di appello". E' il commento dell'avvocato Corrado Limentani, che assite Alessia Pontenani. "Del resto la Corte di Assise - prosegue Limentani - che ha pronunciato la sentenza di primo grado non aveva riscontrato alcuna irregolarità né del difensore né dei consulenti, non si capisce quindi cosa il pm possa ora loro contestare. La decisione quindi di notificare oggi l'avviso di chiusura indagini è intempestiva - chiude Limentani - e rischia di pregiudicare la regolarità del processo di appello"