Il postulatore, padre Gianni Festa, che è anche postulatore dei domenicani e al quale il dossier era stato affidato perché Moro era terziario domenicano, ha rinunciato a portare avanti il lavoro. Nessuna comunicazione ufficiale al riguardo. Solo, circola negli ambienti della diocesi di Roma, dove è incardinato il processo, che si tratta di "motivi personali". La morte di Moro è una pagina oscura della storia italiana, ma con tante ombre anche in quella vaticana.
È avvenuta davvero, proprio nel covo delle Brigate Rosse, l’ultima confessione di Moro a don Antonello Mennini, allora parroco sulla Trionfale, amico di Moro e diventato un referente di Valerio Morucci e Adriana Faranda, i postini delle Br? Don Mennini non ha mai detto una parola a riguardo. Dopo la morte di Moro fu avviato alla carriera di nunzio nelle ambite sedi di Mosca e Londra. Come si dice, ha portato il segreto nella tomba. L’immunità diplomatica anche lo permetteva.
E il Vaticano era davvero pronto a pagare ai brigatisti un riscatto esorbitante, tra i 12 e i 15 miliardi, per salvare la vita a Moro? Qualcosa sembra che all’ultimo non funzionò, Paolo VI scrisse la sua famosa lettera "agli uomini delle Brigate rosse", la preghiera di liberarlo "senza condizioni". Ma l’esecuzione arrivò, la fatale mattina del 9 maggio del ‘78. Una causa con testimonianze e contributi ‘nuovi’ potrebbe aiutare a scrivere capitoli chiarificatori di un grande mistero italiano. Festa, da poco nominato, aveva detto: "Moro potrebbe essere il santo della politica".
Senza un postulatore, difficile che accadrà. Intanto, alla Congregazione delle Cause dei Santi, il dicastero vaticano dove i processi arrivano dopo la conclusione della fase diocesana e quindi quando sono molto più avanti come livello di approfondimento, ci sono altre cause in corso per esponenti storici della Dc. Un’accelerata potrebbe averla quella su Giorgio La Pira, storico sindaco di Firenze, figura oggi molto in auge perché sempre ricordata nei suoi interventi dal presidente della Cei il cardinale Gualtiero Bassetti. Nei giorni in cui Salvini litigava con i prefetti, in Vaticano circolava l’epistolario in cui scriveva: "Tu come ministro dell’Interno non mi incuti nessuna paura e non mi susciti neanche (perdona) speciale rispetto: l’autorità appare ai miei occhi solo come tutrice dell’oppresso contro il potente". Per lui adesso si parla di santità vicina. Da molti anni, invece, è fermo il processo per Alcide de Gasperi, che di La Pira fu amico e sodale nella Dc.