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Sergio Mattarella depone una corona di fiori in via Caetani (Ansa)
Roma, 9 maggio 2018 - Oggi, a quarant'anni dal ritrovamento di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse, il mondo della politica e delle istituzioni ha reso omaggio allo statista democristiano in via Caetani.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha deposto una corona di fiori sotto la lapide che ricorda il luogo del ritrovamento del corpo dell'onorevole. Alla cerimonia erano presenti il capo dello Stato, il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, il presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, il presidente della Camera, Roberto Fico, la sindaca di Roma Virginia Raggi, il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, il prefetto di Roma, Paola Basilone. Anche una delegazione del PD, con il segretario reggente Maurizio Martina e i capigruppo di Senato e Camera, Andrea Marcucci e Graziano Delrio, ha deposto una sua corona, accanto a quella del presidente.
MATTARELLA - "Aldo Moro aveva una straordinaria sensibilità per ciò che si muoveva all'interno della società. Per le nuove domande, per le speranze dei giovani, per i bisogni inediti che la modernità metteva in luce. Non gli sfuggiva la pericolosità di tanto 'imbarbarimento', è una su espressione, della vita politica e civile". Lo ha detto Sergio Mattarella, nel discorso al Quirinale per la Giornata della Memoria delle vittime del terrorismo, mette in risalto questo tratto dell'azione dello statista dc e rileva che "al tempo stesso continuava a scrutare i 'tempi nuovi che avanzano'. Le stesse lettere dal carcere brigatista restano una prova della sua umanità, della sua intelligenza, della sua straordinaria tenacia di costruttore".
Continua il presidente: "Oggi, a quarant'anni da quella tragedia, e da tempo, sentiamo il bisogno di liberare il pensiero e e l'esperienza politica di Aldo Moro da quella prigione in cui gli aguzzini hanno spento la sua vita e pretendevano di rinchiuderne il ricordo. Il Giorno della Memoria deve servire anche a questo: a restituirci l'opera, l'insegnamento, le speranze di chi è stato sradicato con la violenza e a mettere tutto questo a disposizione dei più giovani e di chi non rinuncia a costruire".
GENTILONI - "Quarant'anni fa le Br lasciavano in via Caetani il cadavere di Aldo Moro. L'Italia rende omaggio alla memoria di un vero statista. La sua visione politica e culturale ha segnato il nostro Novecento. La sua uccisione pesa sulla coscienza della Repubblica". Scrive su Twitter il presidente del Consiglio.
40 anni fa le BR lasciavano in via Caetani il cadavere di #AldoMoro L'Italia rende omaggio alla memoria di un vero statista. La sua visione politica e culturale ha segnato il nostro Novecento. La sua uccisione pesa sulla coscienza della Repubblica
— Paolo Gentiloni (@PaoloGentiloni) 9 maggio 2018
STRAGE DI VIA FANI - Il rapimento e l'omicidio di Aldo Moro sconvolsero l'Italia repubblicana. Il 9 maggio 1978, dopo 55 giorni nelle mani delle Br, nella cosiddetta 'prigione del popolo', il presidente della Democrazia cristiana venne ritrovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa, abbandonata in via Caetani.
Un luogo non scelto a caso: era a metà strada tra piazza del Gesù, dove c'era la sede nazionale della Dc, e via delle Botteghe Oscure, quartier generale del Partito comunista. Era stata una telefonata anonima (del brigatista Valerio Morucci) a spegnere le speranze di poter liberare vivo Moro. Poche ore dopo il ritrovamento del cadavere, le prime coseguenze si fanno sentire con le dimissioni da ministro dell'Interno di Francesco Cossiga.
Piovono le accuse sulla Dc e sulle autorità di non aver fatto abbastanza per salvargli la vita, in primis dalla famiglia che rifiuta i funerali di Stato. Lo ricorderà Papa Paolo VI, amico e confessore dello statista, celebrando una commemorazione funebre pubblica a cui partecipano numerose personalità della politica e delle istituzioni.
Ma perché Moro? Per le Brigate Rosse era una minaccia, lo rapirono proprio mentre progettava un governo di solidarietà nazionale con il segretario del Partito comunista Enrico Berlinguer. Moro, tra i fondatori della Democrazia cristiana e suo rappresentante alla Costituente, e segretario del partito nel 1959, è stato più volte ministro e come presidente del Consiglio ha guidato diversi governi di centrosinistra (1963-68). Ma nel periodo 1974-76 fu promotore della cosiddetta strategia dell'attenzione verso il Pci.
La strage di via Fani il 16 marzo lasciò nel Paese la sensazione che nessuno fosse al sicuro dal terrorismo, che neanche le altre cariche dello Stato potesero essere protette. Nell'azione delle Brigate Rosse furono uccisi tutti gli uomini della scorta: Oreste Leonardi, Francesco Zizzi, Domenico Ricci, Raffaele Iozzino e Giulio Rivera.
Mario Moretti, uno dei suoi carcerieri, lo stesso giorno del rapimento scrisse il primo comunicato sulle presunte responsabilità politiche dello statista e annunciò l'inizio di un processo nei suoi confronti.
I carcerieri lo interrogarono e Moro ripercorse trent'anni della sua carriera politica e della storia repubblicana, come riuscì anche ad annotare in cella nel suo memoriale. Morì all'età di 61 anni.
LE RISPOSTE MANCANTI - A distanza di anni restano dubbi sui possibili mandanti dietro il rapimento e l'omicidio, oscuri, magari politici. Secondo il magistrato Ferdinando Imposimato, recentemente scomparso, giudice istruttore dell'inchiesta su via Fani e autore di libri come "La Repubblica delle stragi impunite" e "I 55 giorni che hanno cambiato l'Italia", Aldo Moro venne materialmente rapito e assassinato dalle Brigate Rosse, ma dietro c'era qualcun'altro.
Dubbi che nelle 273 pagine della relazione finale, approvata all'unanimità dalla Commissione Parlamentare d'inchiesta, presieduta da Giuseppe Fioroni, riaffiorano evidenti tra tesi e ricostruzioni.
Gli stessi dubbi che il nipote Luca Moro, figlio della primogenita Maria Fida, oggi ripete in un appello: "Si brucino le inutili corone di fiori degli ultimi quaranta anni e si abbia il coraggio di ammettere per iscritto di chi sia vittima Aldo Moro, se non è vittima del terrorismo".
PEPPINO IMPASTATO - In Qurinale il presidente ha ricordato anche l'omicidio di Peppino Impastato: "Il corpo di Moro veniva ritrovato, nella Renault rossa, in via Caetani, il 9 maggio di quarant'anni fa. Lo stesso giorno la mafia uccideva Peppino Impastato. C'e' un legame che unisce ogni violenza criminale contro la convivenza civile".
Sempre 40 anni fa, il 9 maggio del 1978, la mafia uccideva a Cinisi, alle porte di Palermo, il giornalista Peppino Impastato. Il trentenne era noto per i suoi attacchi e le sue denunce contro Cosa Nostra. Peppino aveva interrotto ogni rapporto con il padre, mafioso anche lui. Un anno prima della sua uccisione aveva dato vita a Radio Aut, dai cui microfoni denunciava gli affari di Tano Badalamenti, che aveva soprannominato "Tano Seduto". Un personaggio scomodo, che diceva cose scomode, e che si prendeva gioco, ridicolizzandoli, dei mafiosi, insomma la Mafia voleva il suo silenzio. Il suo cadavere fu trovato sui binari della ferrovia. Accanto c'era del tritolo: Cosa Nostra voleva che la sua morte passasse per un fallito attentato terroristico. Furono l'impegno del fratello Giovanni e della madre Felicia Bartolotta ha fare luce sulla lrealtà: era un delitto di mafioso.
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