
Alberto Stasi, condannato a 16 anni per l'omicidio di Chiara Poggi, oggi ne ha 41
"È uno tsunami di emozioni. Quello che ho in cuore è che salti fuori la verità, che venga fuori tutto quello che deve emergere e che non è ancora emerso. Ho fiducia e speranza che tutto possa essere chiarito e accertato". Così Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per l'omicidio di Chiara Poggi, commenta in un'intervista concessa alle Iene la nuova indagine sul delitto di Garlasco.

Su Andrea Sempio
Una nuova inchiesta della procura di Pavia, condotta dai carabinieri del nucleo investigativo di Milano, che vede indagato per concorso in omicidio (in ipotesi anche con lo stesso Stasi) Andrea Sempio, un amico di Marco Poggi, il fratello della vittima. "Non l'ho mai visto e mai sentito, se non adesso e nel 2017 (quando Sempio venne indagato e archiviato, ndr). Era amico del fratello e quindi anche dal punto di vista dell'età totalmente estraneo alla mia cerchia di amicizie e di conoscenze", racconta Stasi, dicendosi "assolutamente garantista", ma - aggiunge - "sono anche comunque convinto che non si debba avere paura della verità e che quindi non ci sia motivo di sottrarsi a nessun tipo di accertamento della verità".

Verso fine pena
Rispetto alla sua situazione, Stasi ricorda che "tra pochi mesi potrei essere definitivamente a casa, quindi non sono questi pochi mesi che fanno per me la differenza, ho motivazioni più profonde". Nell'ultimo periodo della sua detenzione "ho fatto progressi, ho cominciato a lavorare fuori e a poter vedere di più la mia famiglia, quindi sono riuscito ad andare un po' più avanti", racconta nello speciale 'Inside' delle Iene sul delitto di Garlasco, che andrà in onda su Italia 1 domenica 30 marzo. Qualche giorno fa intercettato fuori dal carcere di Bollate dalle telecamere di Telelombardia, Alberto Stasi si era rifiutato di rispondere alle domande del cronista, per non contravvenire alle prescrizioni del regime di detenzione.
Coscienza ed etichette
Ribadendo di non aver ucciso Chiara Poggi, l'allora fidanzato della vittima paragona la condanna in via definitiva a una diagnosi di cancro, "ti capita e devi reagire. Io ho quanto meno la leggerezza della coscienza che mi aiuta. E' difficile da capire, ma il non avere il peso di quello che è successo che ti logora dentro, in qualche modo ti fa vivere la questione come un incidente della tua vita, molto grave e molto brutto, ma che riesci ad affrontare". Come togliersi l'etichetta di 'colpevole' viene chiesto infine a Stasi nell'anteprima dell'intervista? "Non so se ce la si può staccare di dosso", risponde.